Clan Sant’Anna, la Procura ricorre in Cassazione per ottenere pene maggiori

Alla Procura di Salerno non piacciono gli sconti di pena comminati dal Tribunale di Salerno al clan Sant’Anna, il sistema che controllava lo spaccio di droga a Battipaglia e nella Piana del Sele fino a tre anni fa, quando circa 80 persone furono portate in carcere.

Il sostituto procuratore generale Elia Taddeo ha presentato, per conto della Procura, ricorso alla Corte di Cassazione nei confronti della sentenza resa all’udienza del 5 ottobre 2017 dalla Corte d’Appello di Salerno, con successivo deposito della motivazione il 22 dicembre 2017, nell’ambito del procedimento penale nei confronti di otto imputati.

Si tratta, in particolare, di Gennaro Bisceglia, Paolo Cesaro, Pierpaolo Magliano, Marco Molinaro, Cosma Palma, Paolo Pastina, Cosimo Podeia, Christian Viscido.

La Procura ha chiesto di annullare l’assoluzione in merito al reato previsto dall’articolo 416 bis, di non riconoscere a Paolo Pastina e Cosma Palma le attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti.

Secondo la stessa Procura di Salerno, ci sarebbe stata contraddittorietà della motivazione ed errata interpretazione di legge penale. La Corte D’Appello sarebbe incorsa in un vizio di contraddittorietà del ragionamento giustificativo della decisione rispetto alle risultante degli atti del processo.

Il motivo principale per il quale la sentenza impugnata esclude la sussistenza dell’associazione ex articolo 416 bis è dato, sempre secondo la Procura, dall’aver ritenuto che il sodalizio criminoso facente capo alla triade (Paolo Pastina, Pierpaolo Magliano e Cosimo Podeia) non esercitasse violenza finalizzata all’affermazione del gruppo al di fuori dell’ambiente degli stupefacenti. In altri termini, la sentenza impugnata dalla Procura evidenzia che il gruppo esecitava violenza, creando un clima di intimidazione ed omertà, ma solo nell’ambiente dello spaccio di droga.

Secondo la Procura, invece questo metodo era esteso anche al di fuori del mondo degli stupefacenti. Anche da tale convinzione è nata la decisione della Procura di ricorrere in Cassazione.


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