Cronaca

Finti matrimoni per permessi di soggiorno nel Salernitano: 7 misure cautelari – FOTO

BATTIPAGLIA. Nella mattinata odierna i carabinieri della Compagnia di Battipaglia hanno dato esecuzione, a Battipaglia e Messa Lubrenese (NA), ad un’ordinanza applicativa di misure cautelari nei confronti di 7 persone (1 in carcere – Laura Iadanza – 1 agli arresti domiciliari – Carmela Ielpi, e 5 sottoposti ad obbligo di dimora con permesso di notturna presso le rispettive abitazioni e obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria), emessa dal Giudice per le Indagini Prelimiari del Tribunale di Salerno, su richiesta della Procura della Repubblica, ritenute responsabili di concorso in favoreggiamento dell’immigrazione clandestina attraverso la programmazione e l’organizzazione di finti matrimoni tra cittadini italiani ed extracomunitari irregolari sul territorio nazionale.

L’attività investigativa, condotta dai militari della citata Compagnia dal settembre 2016 a marzo del 2017 anche con intercettazioni telefoniche e servizi OCP a riscontro delle conversazioni captate, ha permesso di evidenziare l’esistenza di un’organizzazione a carattere familiare che favoriva, attraverso la stipula di finti matrimoni, l’immigrazione clandestina di extracomunitari, la maggior parte di origini marocchine, al fine di procurare loro il permesso di soggiorno.

L’illecita attività faceva capo alla 55enne battipagliese Laura Iadanza, coadiuvata dai 3 figli conviventi, dalla sorella e dalla nipote Carmela Ielpi, figlia della sorella, tutti residenti a Battipaglia, nonché da un’amica di una delle figlie oggi residente a Massa Lubrenese, i quali procacciavano gli extracomunitari irregolari sul territorio e le persone necessarie a perfezionare il matrimonio, ovvero coniugi e testimoni.

Successivamente, dopo aver conseguito il permesso di soggiorno per il ricongiungimento familiare, trascorso un determinato lasso di tempo, veniva avanzata istanza di divorzio al Comune competente.

Per ogni matrimonio venivano corrisposte somme che variavano dai 5mila ai 10mila euro: se l’italiano accettava di ospitare presso la propria abitazione lo straniero per tutto il tempo necessario all’ottenimento del permesso di soggiorno (la convivenza è indispensabile ai fini del rilascio della carta), otteneva un contributo mensile per il fabbisogno dell’ospite che faceva lievitare la somma iniziale, generalmente 5mila euro, fino a 10mila.

In una circostanza, inoltre, è stata accertata una falsa attestazione di paternità della bambina partorita dalla Ielpi il 29 marzo del 2016 all’ospedale di Battipaglia, dichiarata dalla madre, con il consenso del padre naturale di origini marocchine, figlia di altro cittadino magrebino, sempre al fine di ottenere la carta di soggiorno, dietro il pagamento della somma di 4mila euro.

Nello specifico, l’indagine ha appurato le modalità attraverso le quali venivano organizzati e realizzati i finti matrimoni:

  • la promotrice, Laura Iadanza, veniva contattata direttamente dagli extracomunitari, quasi sempre marocchini, i quali si presentavano dalla stessa riferendo di essere amici di loro connazionali (che la donna già conosceva), senza specificare di cosa avessero bisogno. Gli stessi, infatti, nel corso delle conversazioni intercettate, non facevano esplicito riferimento al matrimonio ma esclusivamente al fatto che avessero bisogno del permesso dei documenti per il soggiorno (“ho bisogno di fare quel fatto, mi servono i documenti per la residenza”), oppure riferivano alla donna che avevano bisogno di lei e che dovevano vedersi per parlare. Il primo contatto avveniva, quindi, o telefonicamente o attraverso un marocchino (che già conosceva l’organizzazione) che raggiungeva direttamente l’abitazione della donna, base logistica dell’organizzazione, con il connazionale da far sposare. Qui venivano stabiliti i costi dell’operazione, che aveva un prezzo variabile dai 5mila fino ai 10mila euro;

  • Fra la donna e gli extracomunitari si instaurava un vincolo quasi “filiale” giacché la stessa appariva come una “madre putativa” che li seguiva costantemente sino al conseguimento della cittadinanza. Invero, in ogni conversazione gli stranieri si rivolgono a le chiamandola “Mamma”;

  • l’organizzazione, che si avvaleva di collaborazioni di più persone tra italiani e marocchini, questi ultimo con il compito di mediatori ed interpreti, iniziava la ricerca della finta sposa/o da far convolare a nozze, con rito civile, prescindendo anche dall’età (in un caso la sposa ha 34 anni in più dello sposo);

  • Una volta individuata la sposa o lo sposo, l’organizzazione approntava la documentazione necessaria ed organizzava il viaggio dei due per l’Ambasciata Marocchina a Roma, necessario per ottenere il Nulla Osta per la celebrazione del rito civile sul territorio italiano;

  • successivamente la falsa sposa di origine italiana si presentava presso il Comune di residenza, dove formalizzava la richiesta di matrimonio conseguendo tutti i documenti raccolti e fissando la data del matrimonio;

  • l’organizzazione individuava, quindi, i falsi testimoni, che nella gran parte dei casi erano soggetti interni all’organizzazione o qualcuno legato a loro da vincoli di amicizia o parentela;

  • Si celebravano le nozze e l’italiana richiedeva il nulla osta al comune per consentire allo straniero di recarsi presso il soggiorno dalla Questura competente, generalmente Salerno;

  • Si otteneva il permesso di soggiorno dalla Questura competente, generalmente Salerno;

  • decorso un determinato lasso di tempo si presentava l’istanza di divorzio.

Il servizio reso dall’organizzazione era completo in quanto l’extracomunitario veniva seguito dal primo contatto alla celebrazione del matrimonio: la promotrice, infatti, spiegava, passo dopo passo, sia agli stranieri che agli italiani, cosa dovevano fare, quali parole adottare nei vari uffici, il tutto al fine di destare il minor sospetto possibile.

Il ruolo prominente di promotore ed organizzatore svolto dalla 55enne battipagliese e dal suo nucleo familiare. Durante le indagini si è potuto sempre più oggettivare la sua centralità: capo ed organizzatore, sovrintendeva e coordinava tutte le attività dell’associazione, impartendo direttive agli altri partecipanti e fornendo loro denaro per acquistare o procurarsi la documentazione necessaria; individuava e reclutava stranieri ed italiani per farli partecipare ai matrimoni, ai quali forniva assistenza e protezione; procurava ed organizzava i mezzi per recarsi presso gli uffici necessari, sia di Salerno sia fuori regione.

La donna, in sintesi, trascorreva le sue giornate a disporre dei suoi “collaboratori” cui impartiva disposizioni ed ordini ed, in caso di compiti più particolari da assegnare, intimava loro di portarsi presso la sua abitazione per parlare da vicino e scongiurare, in tal modo, intercettazioni su loro conto.

Dalle risultanze investigative acquisite si può ritenere che l’attività illecita condotta dai predetti vada avanti dal 2002. Nel complesso, comunque, sono stati individuati ben 21 finti matrimoni, per un totale di 70 indagati, contratti dal 2013 ad oggi, principalmente nei comuni di Battipaglia ed Eboli, in qualche circostanza Olevano sul Tusciano, nonché per singoli episodi, a Montecorvino Pugliano e Marchirolo (VA), ove si era trasferita, negli ultimi periodi, una delle indagate.


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