Economia

La scossa al mercato italiano e la mancanza di cultura finanziaria

Cresce in Italia la voglia di fondi. Lontani i tempi in cui i titoli di Stato rendevano a doppia cifra e consentivano alle famiglie di godere di importanti profitti, i risparmiatori italiani guardano al futuro con maggiore preoccupazione, soprattutto a causa di un sistema previdenziale che non garantisce sicurezze. Per questo 12 italiani su 100 si trasformano in investitori, detenendo fondi per 14.400 euro e sottoscrivendo 7.2 milioni di fondi comune a fine 2017. È questo il dato rilevato dalla ricerca di Assogestioni, che è riuscita a fare un punto della situazione degli investimenti in Italia.

È pur vero, d’altro canto, che il mercato non offre tante sicurezze e certamente il lavoro si complica per i neofiti, per cui la mancanza di formazione e informazioni rischia di moltiplicare i rischi. Cresce di conseguenza il numero di italiani che sottoscrivono fondi rivolgendosi a consulenti finanziari, con l’obiettivo di diversificare il portafoglio a disposizione e minimizzare le oscillazioni del mercato internazionale. Negli ultimi dieci anni, quelli della crisi, i fondi Italia hanno reso meglio del listino italiano, a dimostrazione che questi strumenti siano in grado di reggere al meglio di fronte alle congiunture finanziarie non particolarmente favorevoli.

Se però il mercato finanziario ha subito negli ultimi mesi una notevole accelerata, buona parte del merito va ascritta ai Piani Individuali di Risparmio, sottoscritti dagli investitori italiani per le misure favorevoli alle Piccole e Medie Imprese nazionali e per ottenere benefici fiscali sui profitti al termine dei cinque anni previsti dall’investimento. La stessa Assogestioni evidenzia che allo stato attuale 800mila italiani investono in fondi domestici Pir compliant, comprendendo sia i prodotti finanziari italiani che quelli stranieri: la metà di questi investitori è priva di esperienza e si affida per la prima volta ai prodotti di gestione collettiva.

I Pir hanno quindi superato ogni aspettativa, superando le previsioni governative e di mercato nonostante un andamento non sempre favorevole. Stimolando l’interesse nei confronti dell’industria del risparmio, i PIR hanno risvegliato lo spirito degli italiani, che con sempre maggiore costanza si informano sugli strumenti finanziari, sui meccanismi che li regolano e su eventuali profitti per pianificare al meglio il futuro. A tal proposito, sempre nell’alveo della gestione collettiva, cresce a velocità importante il numero degli italiani che sceglie i fondi pensione e i piani di accumulo, preferendoli a quelle forme chiuse a determinate classi lavorative per la maggiore flessibilità e per una migliore chiarezza nella comunicazione tra l’ente erogatore, il consulente finanziario e il cliente.

Rischi, costi e rendimenti sono però all’ordine del giorno nel mondo finanziario, e lo sforzo che è richiesto a tutta la macchina del risparmio deve essere fatto a monte. Il limite principale della crescita in Italia è che il segno più, pur essendo un fattore positivo, non è paragonabile alle sottoscrizioni effettuate nelle altre nazioni, per una mancanza latente di educazione finanziaria, evidenziata anche dal presidente della Consob Mario Nava: «Abbiamo molto da fare: 40 cittadini su 100 non sono in grado di valutare le proprie conoscenze finanziarie, uno su due è a disagio con la finanza e l’altro non è interessato. Quasi il 40% degli risparmiatori investono senza comprendere e la maggior parte non legge le specifiche informazioni».

In considerazione delle difficoltà latenti del mercato finanziario internazionale, è importante che gli investitori siano coscienti di costi, spese e oscillazioni: per questo è fondamentale colmare il gap formativo per cercare di ridurre le distanze dalle altre nazioni.

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