Università di Salerno, il corso di Sociologia sarà a numero chiuso. Una scelta deterrente
FISCIANO. Il corso di Sociologia, all’Università degli studi di Salerno, dal prossimo anno sarà a numero chiuso. È questa la decisione del consiglio del dipartimento di Scienze politiche, sociali e della comunicazione.
È utile ricordare che il numero programmato, a livello nazionale, fu introdotto nel 1999 con la legge 264 dell’allora ministro Zecchino. Il ministro dell’istruzione, giustificò la scelta rifacendosi a due direttive della comunità europea: la 78/687 CEE e la 93/16 CEE. Entrambe le direttive furono pensate per la realizzazione di un sistema che garantisse l’alta qualità dello studente. Una particolarità, però, tutta italiana: un metodo che riduce i finanziamenti all’università allo scopo di difendere gli interessi degli ordini professionali e che, in modo opportunistico, viene sfruttato per limitare il diritto allo studio.
Inizialmente la direttiva era rivolta esclusivamente alle facoltà di Medicina ed Odontoiatria. Col tempo, però, il numero chiuso sta dilagando a macchia d’olio privando gli studenti di quel diritto allo studio che dovrebbe significare anche diritto agli accessi. Una disparità che va aumentando. La forbice tra chi può e chi non può diventa sempre più ampia. Dati alla mano, è opportuno ricordare che il numero chiuso – nel corso del tempo – ha comportato un calo delle immatricolazioni. Basti pensare che, dal 2004 al 2012 c’è stato un decremento del 17%.
«La rappresentanza studentesca si è sempre opposta fuori e dentro gli organi a qualsiasi modalità di blocco al sapere ma il Cda non ha voluto ascoltare. Sotto la spinta del dipartimento la proposta di numero chiuso è arrivata in Consiglio didattico, e davanti ad una spaccatura netta tra i docenti, ha deciso al posto nostro, con una maggioranza schiacciante. Il numero programmato è stato presentato come un’azione dettata dall’emergenza, ma non c’è nessuna emergenza in un discorso che va avanti da anni; è stato presentato come una posizione tecnica, ma è un vero e proprio provvedimento politico» prosegue la rappresentante.
«Ma la più grande indifferenza l’abbiamo vista nei nostri confronti quando nemmeno una riga della nostra proposta per la didattica è stata presa in considerazione. Nonostante la sconfitta e l’amarezza faremo ancora sentire la nostra voce nei corridoi e nelle aule prima che negli organi. Ribalteremo la logica di una classe studentesca subalterna a logiche decise da altri per dimostrare che noi vogliamo essere i veri protagonisti della conoscenza» conclude Michela.
Viene da pensare, anche se indirettamente, di parafrasare Einstein: «La cosa peggiore per l’Università è far leva soprattutto sulle nozioni e sulla paura dell’errore, sulla costrizione e sull’autorità artificiosa. Tale impostazione distrugge i sentimenti sani, la sincerità e la fiducia in se stessi degli alunni, producendo soggetti passivi».