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Serie A e anni 90: perché a oggi parliamo di un periodo mitico

Al giorno d’oggi la nostalgia è una moneta che circola rapidamente e che attraversa in maniera trasversale sostanzialmente tutti i frammenti dello scibile umano, andando a toccare cose anche molto diverse tra loro. Nel calcio c’è stata nostalgia ciclicamente per ogni “grande stagione” del mondo calcistico Europeo ma, plausibilmente, niente ha la forza degli anni novanta da questo punto di vista, specie in Italia.

 

Perché però nel nostro bel paese c’è questo grande mito per il calcio di quegli anni? È per come funzionavano le scommesse serie a che portavano alla creazione di un canone e di un mito comune all’interno delle ricevitorie o c’è altro in mezzo? Come vedremo è stata una questione di cultura e, sopratutto, di talenti.

Spazio, tempo e grandi squadre

Dal punto di vista della mera percezione, l’Italia calcistica degli anni novanta era vista come l’olimpo del calcio, con la Serie A che era letteralmente la lega di riferimento per i giocatori più forti del mondo. Durante il corso di questo decennio l’Italia era vista come il paese di maggior attrattiva per le stelle internazionali che si trasferivano nelle squadre di punta come Juventus, Milan e Inter durante i momenti migliori della loro carriera.

 

Le statistiche, poi, parlano chiaro: durante il corso di quel decennio la metà dei palloni d’oro furono vinti da giocatori che militavano in serie A; un segno inequivocabile dell’alto livello raggiunto dal campionato.

 

Poi non era soltanto una questione di “grandi squadre” e “grandi investimenti”: anche squadre come la Sampdoria riuscivano a dire ampiamente la loro, complice anche la questione talenti. Giocatori come Mancini, Vialli o Lombardo riuscirono a portare una squadra con risorse economiche limitate a competere con il Napoli di Maradona o il Milan dei giocatori Olandesi.

 

Dal punto di vista Europeo, poi, non ne parliamo proprio: quel decennio fu segnato dai più grandi successi di sempre in termini di squadre Italiane se parliamo di competizioni continentali. Juventus e Milan, rispettivamente, vinsero 2 coppe dei campioni (ora Champions League) ciascuno mentre l’Inter si riportò a casa per tre volte la Coppa UEFA; anche il Parma, allora considerata come una squadra di seconda fascia, riuscì a portarsi a casa il trofeo per ben due volte.

 

Il talento e l’amore

 

I talenti, poi, sono quelli che più di tutto hanno prodotto la cultura necessaria alla generazione della nostalgia: durante il corso di quegli anni, ad esempio, portieri come Zenga, Buffon o Pagliuca hanno fatto vedere la potenza delle squadre Italiane mentre difensori come Maldini, Cannavaro o Baresi hanno mostrato a tutti la qualità del gioco difensivo Italiano. In attacco la situazione era altrettanto rosea con giocatori come Batistuta, Inzaghi, Schillaci e Vialli a far mostrare la forza del gioco offensivo quando c’era lo spazio necessario.

 

A questi poi si aggiungono gli allora capitani e i capitani del “domani”: giocatori come Maradona o Zidane, due tra i migliori giocatori di sempre, hanno dato il meglio di loro durante gli anni novanta mentre giocatori come Totti e Del Piero iniziarono a muovere i loro primi passi durante la fase finale del decennio.

Dieci anni che ancora oggi influenzano il calcio odierno, tanto nel tifo quanto nel gioco sotto forma di Bet su piattaforme come Betfair; le squadre forti di allora sono, in larghissima parte, le squadre forti di oggi; i giocatori di allora gli allenatori di oggi, i tifosi di allora i padri dei tifosi di oggi.

Redazione L'Occhio di Salerno

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