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Abusi nelle aree protette di Paestum, le sanatorie salvano anche noti imprenditori

CAPACCIO PAESTUM. Capaccio Paestum è stata in più occasioni denominata, non a torto, come la “città degli abusi”. Una delle realtà territoriali dove il fenomeno, nel corso degli anni, si è avvertito in modo particolare. Migliaia le ordinanze di abbattimento emesse dal Comune nell’ultimo decennio, per una media di almeno un centinaio all’anno, nei confronti dei responsabili degli abusi.

La tipologia è molto variegata, tra gli abusi più comuni quelli effettuati dai privati sia relativamente alle abitazioni che alle aziende con la creazione di corpi aggiuntivi. Buona parte sono stati realizzati nell’ambito della 220, quindi, nel perimetro dell’area archeologica. Una delle aree dove il fenomeno è maggiormente visibile, è all’interno della piana di Paestum.

Nella contrada Torre di Mare gli abusi riguardano la realizzazione di residenze turistiche, ma anche attività produttive. Medesima tipologia anche per le borgate marittime della Licinella, Linora e Foce Sele. In quest’ultima località oltre agli abusi di tipo residenziale, si è registrata la costruzione di capannoni da adibire ad attività artigianali. Molti i proprietari, che si rivolgono al Tar. Migliaia le richieste di condono. Abusi, che scaturiscono anche dal fatto che Capaccio Paestum è caratterizzato da una serie di vincoli paesaggistici, ambientali e archeologici.

Poche le ordinanze eseguite dagli stessi proprietari o dal Comune in questi anni

Alla base, la mancanza dei fondi da parte degli enti da impiegare per eseguire in modo coatto le demolizioni dei manufatti illegali. Paradossalmente in alcuni casi occorrerebbero più soldi per abbattere, tra smaltimento dei resti, autorizzazioni, che per la costruzione del manufatto stesso. In molti casi si tratta di prime case, il cui abbattimento comporterebbe anche dei risvolti sociali notevoli. In effetti la demolizione dei manufatti soprattutto di alcuni abusi storici, che risalgono all’ultima sanatoria del 92, comporta conseguenze sociali ed economiche notevoli per i titolari delle strutture. Senza considerare anche le lungaggini burocratiche, motivo a causa del quale spesso le ordinanze di abbattimento, nell’ambito dei vari comuni, restano evase.

Della cementificazione, che ormai da decenni caratterizza il territorio capaccese e la necessità dei relativi abbattimenti, si è interessata anche la Procura generale di Salerno che, negli anni addietro, chiese al Comune di procedere con la demolizione di cinque manufatti, tra i quali delle strutture adibite ad attività di ristorazione in località Laura.

Non dovranno abbattere le strutture illegali coloro che hanno chiesto ed ottenuto delle sanatorie

È il caso di alcuni cittadini residenti nelle borgate marittime Laura e Linora. Oltre una decina le concessioni edilizie in sanatoria rilasciate recentemente dal Comune, cinque delle quali alla stessa persona, titolare di una struttura turistica ricettiva. Si tratta di opere realizzate in difformità alla concessione edilizia per due strutture situate in via Madonna del Monte e in via Linora. Sanatoria anche per la costruzione abusiva di una tettoia in ferro e cemento e una parte di camera attrezzata per abitazione in via Molino di mare, appartenente a diversi proprietari.

Due le concessioni in sanatoria rilasciate alla stessa persona per la realizzazione di un appartamento al piano primo di un edificio residenziale, e di un appartamento al piano terra di un edificio residenziale, in località Laura. Altri illeciti edilizi saranno sanati in località Laura per opere realizzate in difformità alla licenza edilizia.

Abusi anche per l’amministratore unico di un noto residence in località Laura, per il cambio di destinazione d’uso del piano seminterrato e del sottotetto (fabbricato E); cambio di destinazione d’uso del piano seminterrato(fabbricato B); cambio di destinazione d’uso del piano seminterrato (fabbricato C); cambio di destinazione d’uso del piano seminterrato(fabbricato D); cambio di destinazione d’uso del piano seminterrato (fabbricato A).

Articolo tratto dal giornale La Città

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