Inchiesta

Antimafia: la mappa della camorra in Campania

La Dia (Direzione Investigativa Antimafia) ha pubblicato la prima relazione semestrale del 2016. Anche per quanto riguarda la regione Campania, per ogni provincia sono stati pubblicati dati, mappe e nomi del clan camorristici più influenti.

Analisi del fenomeno

La camorra si conferma un’associazione criminale multiforme e complessa, fortemente radicata nell’intera Regione e difficile da inquadrare in una definizione unitaria. Nei territori dove si assiste, con cadenza quasi quotidiana, ad azioni violente, i gruppi sembrano infatti aver assunto una struttura “pulviscolare” che ne accentua le conflittualità.

Il denominatore comune di tali aggregazioni, specie di quelle operanti nell’area metropolitana di Napoli, rimane senza dubbio la spregiudicatezza dell’operato criminale, che non di rado si manifesta con le c.d. “stese”, ossia sparatorie non controllate a bordo di motociclette.

La mancanza di prevedibilità nell’agire e l’assenza di una strategia comune rappresentano le caratteristiche essenziali del modus operandi di questi gruppi emergenti, la cui “sopravvivenza” è spesso molto breve: a Napoli, in particolare, si contrappongono sodalizi formati da giovanissimi ma con un curriculum criminale di tutto rispetto, che iniziano a delinquere dalla prima adolescenza, concludendo spesso la loro parabola criminale poco più che maggiorenni, a seguito di azioni sanguinarie.

Conseguentemente, il tentativo di cristallizzare, attraverso le indagini, i ruoli e le funzioni degli affiliati e le alleanze operative in atto è spesso vanificato da una realtà criminale permanentemente in fieri, che nel capoluogo assume quasi una dimensione parossistica.

Nella zona del centro, nell’area settentrionale ed orientale e in alcuni comuni a ridosso della città di Napoli, si continuano, infatti, a registrare un elevato numero di omicidi, ferimenti ed atti intimidatori, sintomatici della persistenza di molteplici focolai di tensione e di uno scenario criminale disomogeneo, con dinamiche significativamente diverse rispetto a quelle delle altre province.

Si tratta di una realtà frutto della convivenza forzata di una pluralità di gruppi che interagiscono tra loro in equilibrio instabile ma con una connotazione comune: agire in territori caratterizzati da una densità abitativa molto alta, dove si concentrano povertà, emarginazione, assenza di nuclei familiari coesi da un’integrità di valori e tassi elevati di evasione scolastica.

Tutti questi elementi rappresentano l’humus ideale per il radicamento della criminalità organizzata, che si propone offrendo un modus vivendi alternativo sotto il profilo “lavorativo”, ma sempre funzionale ai propri interessi.

Non a caso, la facilità con la quale i clan riescono a rigenerarsi dopo l’esecuzione di provvedimenti cautelari, personali e reali, va ricondotta a diversi fattori: la possibilità di reclutare nuova manovalanza in un contesto territoriale depresso, gli ingenti patrimoni a disposizione e la rete di relazioni intessute nel tempo con esponenti collusi della pubblica amministrazione e dell’imprenditoria locale.

Emblematico di quanto i clan siano proiettati a condizionare il contesto di riferimento anche sotto il profilo sociale, il fatto intimidatorio accaduto nel mese di aprile, quando sono stati esplosi colpi di kalashnikov contro una caserma dei Carabinieri di Secondigliano, in risposta ad un decreto di allontanamento temporaneo – eseguito dalla stessa Arma – di due minori dalla madre, incensurata, moglie del reggente del clan VANELLAGRASSI.

Un’azione eclatante in risposta ad un provvedimento, l’allontanamento dei figli dalla moglie del boss, che ha minato alla base la prospettiva criminale del clan. Una presenza importante delle donne che trova conferma anche nel semestre in trattazione, atteso che sono loro che continuerebbero ad orientare e pianificare, sotto il profilo militare ed economico, nel capoluogo di regione le attività del clan D’AMICO e a Poggiomarino e Striano quelle del clan GIUGLIANO.

Altrettanto significativo di questa tendenza a controllare i comportamenti dei soggetti che orbitano attorno ai clan, il tentativo di arginare con la violenza il crescente numero di collaboratori di giustizia, ordinando attentati verso la cerchia familiare del collaboratore.

A questa espressione pulviscore della camorra se ne affianca tuttavia un’altra, rappresentata da clan più strutturati che, limitando il ricorso ad azioni violente lascerebbero la gestione delle attività esecutive a gruppi satellite, per dedicarsi quindi ad attività criminali di più alto profilo, quali il riciclaggio e il reimpiego di denaro di provenienza illecita.

La gamma dei settori interessati spazia dalla ristorazione al commercio di capi di abbigliamento, dall’acquisizione delle commesse pubbliche fino alle truffe ai danni dello Stato, in ciò potendo contare sulla collaborazione, in Campania ma anche fuori Regione, di soggetti collusi inseriti in ambienti istituzionali ed imprenditoriali.

Si delinea, così, una geografia criminale eterogenea dove le aree a più alta densità mafiosa si confermano le province di Napoli e Caserta, ma anche nell’avellinese, nel beneventano e nel salernitano permane l’operatività di gruppi autoctoni, con caratteri tipicamente mafiosi, funzionalmente pronti ad assicurare sostegno logistico e militare ai clan delle aree limitrofe. Per il territorio casertano, la decapitazione dei vertici dei sodalizi, pur avendo determinato un vuoto di potere, differentemente da quanto accaduto nell’area napoletana, non avrebbe tuttavia posto le premesse per caotiche dinamiche conflittuali.

Le indagini concluse nel semestre confermano, peraltro, sia la persistente forza di intimidazione, consenso e controllo del territorio del cartello dei CASALESI – nonostante lo stato di detenzione dei capi clan – sia la commistione dell’organizzazione con apparati amministrativi ed imprenditoriali locali: è rilevante, infatti, la sequenza di investigazioni riportate nel paragrafo dedicato alla provincia di Caserta che hanno investito il capoluogo e diversi comuni limitrofi, coinvolgendo amministratori e funzionari, tutti espressione di una parte della classe dirigente accomunata da obiettivi di arricchimento personale e disponibile, per questo, ad intrecciare rapporti con la criminalità organizzata.

La patologia di tali rapporti, cementati dalla corruzione, si realizza attraverso l’illecita concessione di autorizzazioni, licenze e varianti urbanistiche; con l’omissione dei controlli e con l’imposizione di assunzioni, di affidamenti di incarichi di progettazione, di lavori e manutenzioni, fino all’aggiudicazione della gara all’impresa camorrista.

Tra le metodologie utilizzate per orientare le gare di appalto, la linea di tendenza è quella di attuare il cosiddetto “metodo del tavolino”, che consiste nel programmare una rotazione illecita degli appalti pubblici, che si fonda sull’accordo tacito secondo il quale, a turno, tutte le imprese partecipanti al “sistema” si impegnano preventivamente ad offrire, nel corso della gara, il maggior ribasso – già concordato – acquisendo in questo modo la certezza di ottenere l’aggiudicazione dell’appalto pubblico.

Il previo accordo oltre a rendere meno visibile la presenza mafiosa, eviterebbe il generarsi di contrasti, rendendo allo stesso tempo più complessa l’attività repressiva.

Significative delle modalità attraverso le quali si estrinseca il rapporto tra camorra e imprenditoria collusa sono risultate le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia rilasciate nel corso di un interrogatorio, in occasione del quale avrebbe ben illustrato come l’aggiudicatario di un appalto acquisti dal clan, allo stesso tempo, una sorta di “pacchetto” di assistenza, che comprende la difesa da richieste estorsive da parte di altre famiglie camorriste e l’intervento nei confronti di funzionari ed amministratori comunali nel caso dovessero tentare di rallentare, anche a seguito di controlli legittimi, l’esecuzione dei lavori.

È evidente che, in questo modo, il sodalizio diventa una sorta di “associato in partecipazione occulta” dell’impresa, nella quale conferisce, al posto del denaro, la forza di intimidazione camorristica, ricavandone come compenso una percentuale sul corrispettivo percepito dall’imprenditore.

La stessa logica di una ripartizione condivisa si rinviene nei casi di affidamento dei lavori da parte dei consorzi alle imprese consorziate, secondo la prassi della scomposizione di una commessa in vari sub-contratti, allo scopo di eludere la normativa di settore.

I chiari interessi della camorra, in particolare casertana e napoletana, nell’aggiudicazione delle commesse pubbliche non avrebbero risparmiato neanche il settore sanitario, come testimonia un’indagine, conclusasi nel mese di giugno che, in linea con quanto già emerso nel recente passato, evidenzierebbe l’intervento dell’organizzazione nella gestione di attività strumentali al funzionamento di alcune grandi strutture ospedaliere della zona collinare di Napoli.

È in questo contesto generale che, nel periodo in riferimento, al fine di riscontrare eventuali ingerenze della camorra nelle politiche comunali, si sono insediate Commissioni di accesso a Marano di Napoli, Casavatore, Crispano, mentre per la provincia di Caserta è stato disposto, l’11 maggio, lo scioglimento del comune di Trentola Ducenta.

La strategia appena delineata di una silente contaminazione del territorio attuata attraverso l’opera di professionisti e apparati istituzionali compiacenti, sembra consolidarsi anche fuori Regione e all’estero, dove si conferma l’operatività dei gruppi camorristici nel settore del gioco e delle scommesse illegali, anche on line, in alcuni casi in sinergia con la ‘ndrangheta e cosa nostra, con una commistione di interessi la cui portata è tale da far prevalere la convenienza di una spartizione concordata dei profitti illeciti, alla stregua di quanto rappresentato con riferimento al menzionato “metodo del tavolino”.

Una riflessione a se stante merita il traffico di stupefacenti che si attesta tra le principali fonti di finanziamento e che vede la camorra sempre più inserita nella gestione dei grandi flussi della droga di provenienza sudamericana e nordafricana, potendo contare su strutturate reti criminali in grado di rinnovare le tecniche di occultamento e di modificare costantemente le rotte internazionali.

Anche su questo fronte, nel periodo di interesse sono state acquisite conferme circa l’intensificarsi di forme di cooperazione criminale tra clan camorristici ed articolazioni della ‘ndrangheta e di consolidate relazioni affaristiche con narcotrafficanti stranieri, facilitate dal trasferimento all’estero di pregiudicati campani. Oltre alla Spagna ed all’Olanda, tra i Paesi interessati al traffico internazionale di droga con la camorra figurano la Turchia, l’Ecuador, la Colombia e il Venezuela.

Altro importante settore verso cui le organizzazioni campane continuano a manifestare interesse è quello dell’agroalimentare. In questo comparto le mafie tenderebbero a fare “cartello”, agendo sull’intera filiera: dall’accaparramento dei terreni agricoli all’intermediazione nella vendita dei prodotti, dal trasporto e lo stoccaggio dei prodotti fino al reinvestimento dei profitti illeciti nei centri commerciali, cui deve aggiungersi l’imposizione della vendita di determinate marche e prodotti di generi alimentari, quale altra forma di velata estorsione.

Tra i gruppi più attivi in tale ambito figurano il clan LO RUSSO e la famiglia MOCCIA, che proprio da evidenze investigative raccolte nel semestre è risultata proiettata in Spagna per espandersi sul mercato ortofrutticolo di Barcellona.

Il fenomeno delle agromafie s’intreccia inevitabilmente con altre fattispecie delittuose notoriamente appannaggio della camorra, quali lo smaltimento illegale dei rifiuti ed il conseguente inquinamento di terreni e falde acquifere. Funzionali a queste pratiche illecite diventa, anche in questo caso, l’apporto di amministratori e professionisti collusi, i primi coinvolti nell’assegnazione ai clan degli appalti per la raccolta ed il trattamento dei rifiuti, i secondi nella predisposizione di falsi documenti di trasporto e certificati di analisi alterati.

Da segnalare, in proposito, con particolare riferimento alla “Terra dei Fuochi”, che per accelerare i processi di ripristino dei terreni risultati inquinati, nel mese di febbraio 2016 è stato istituito, su iniziativa del Comune di Napoli, un “Osservatorio permanente sulle indagini e sulle istanze relative alla Terra dei Fuochi”, con il compito di restituire costantemente ai decisori politici informazioni e dati utili per definire strategie di intervento coerenti e congrue rispetto alle necessità di quel comprensorio.


Proiezioni territoriali


Città di Napoli

camorra città di napoli

Area Centrale – quartieri Avvocata, San Lorenzo/Vicaria, Vasto Arenaccia, San Carlo Arena/Stella, Mercato/Pendino, Poggioreale, Montecalvario, Chiaia/San Ferdinando/ Posillipo.

Nel centro di Napoli permane una situazione di forte instabilità, allo stesso tempo causa e conseguenza di un ambiente criminale caotico, costellato da un indefinito numero di gruppi che si contendono la gestione delle attività illecite, prima fra tutte lo spaccio di stupefacenti.

La complessità di questo scenario è acuita dal repentino cambiamento dei rapporti di forza e delle alleanze tra aggregazioni criminali costitute da giovani delinquenti, che rappresentano le terze generazioni di famiglie quali i GIULIANO, SIBILLO, BRUNETTI ed AMIRANTE, in contrasto con gruppi di referenti della famiglia MAZZARELLA a Forcella.

Il denominatore comune di tali aggregazioni è, senza dubbio, la spregiudicatezza criminale che li porta – specie nei casi in cui si voglia rendere nota l’assunzione di una nuova supremazia sul territorio – a scorribande a bordo di moto e a sparatorie non controllate. La mancanza di prevedibilità nell’agire e l’assenza di una strategia rappresentano le caratteristiche essenziali del modus operandi di questi gruppi emergenti, cui deve aggiungersi la spietatezza nell’esecuzione dei delitti: uno stato di violenza che permane nonostante l’importante controffensiva giudiziaria messa in campo negli ultimi anni.

Passando ai quartieri Vasto, Arenaccia, Ferrovia, Rione Amicizia, San Giovanniello e Borgo Sant’Antonio Abate, si registra una continuità nel controllo da parte del sodalizio CONTINI (antagonista del clan MAZZARELLA) che, negli ultimi anni, sembra aver dato maggior impulso al traffico di stupefacenti, contribuendo ad alimentare il mercato con nuove tipologie di sostanze, tra le quali l’amnesia, una marijuana modificata con additivi.

Significativa, in proposito, l’operazione conclusa dall’Arma dei Carabinieri e dalla Guardia di Finanza nel mese di marzo che, oltre a documentare la diffusione dello stupefacente in parola, nel centro del capoluogo campano, ad opera di soggetti contigui al clan CONTINI, ha fatto emergere i contatti di quest’ultimo – tramite un imprenditore floreale – ed elementi di primo piano della cosche calabresi, per la creazione di un nuovo canale di approvvigionamento di droga dall’Olanda.

Sul piano strategico, gli ingenti investimenti effettuati dal clan CONTINI di Napoli nel settore degli stupefacenti potrebbero essere interpretati come una scelta complementare, e allo stesso tempo necessaria, rispetto alla tradizionale attività estorsiva, che a causa della pressante crisi economica non riusciva più a garantire il pagamento delle mesate agli affiliati, le spese legali e il sostegno economico ai latitanti.

Proseguendo nella disamina, il quartiere di Poggioreale sembra risentire delle dinamiche criminali che interessano la zona orientale della città (Ponticelli, Barra, San Giovanni a Teduccio), dove si registra una rimodulazione degli equilibri. Stessa situazione di instabilità si riscontra nella zona cd. del Cavone, area d’interesse del clan LEPRE, contrapposto al sodalizio ESPOSITO dei Quartieri Spagnoli.

Gli assetti criminali dei citati Quartieri appaiono, inoltre, in costante rimodulazione, in ragione della scarcerazioni di soggetti che spingono per reinsediarsi sul territorio. In proposito, la destabilizzazione della famiglia MARIANO – in passato egemone nei Quartieri Spagnoli ed attualmente in difficoltà per gli arresti e le collaborazioni con l’A.G. di esponenti di spicco – e le difficoltà operative degli alleati gruppi LEPRE ed ELIA (Pallonetto a Santa Lucia) potrebbero, nel prossimo futuro, conferire maggiore forza a clan emergenti, ricostituitisi con giovani arruolati. Analoga considerazione per l’area di Santa Chiara e la zona c.d. degli Orefici, (in cui si sono avvicendati diversi gruppi criminali) e per il comprensorio territoriale delle cd. Case Nuove, che risente delle frizioni del centro partenopeo.

Nel quartiere Mercato, controllato dal gruppo MAZZARELLA, potrebbe generare ulteriori situazioni di instabilità l’arresto di un pregiudicato – avvenuto il 10 giugno 2016 e già elemento di spicco del sodalizio – che nel 2013 aveva dato vita ad una “scissione” interna ai MAZZARELLA, costituendo un gruppo autonomo ed indipendente, i cd. “girati”: delle difficoltà operative dei MAZZARELLA potrebbero approfittarne i gruppi di Forcella per espandersi anche in quell’area.

Nel quartiere Sanità si contrappongono le organizzazioni di Secondigliano e quelle del centro storico di Napoli. La recrudescenza del contrasto, registratasi negli ultimi anni, sarebbe ascrivibile alla volontà di espansione del clan LO RUSSO, già egemone nei quartieri di Miano, Chiaiano e Piscinola.

Nell’area, si sono poi susseguiti una serie di omicidi che hanno coinvolto il gruppo ESPOSITOSPINAGENIDONI ed il contrapposto clan VASTARELLA, quest’ultimo alleato con i sodalizi MAURO, SAVARESE e SEQUINO, appoggiati dai LO RUSSO.

Le indagini condotte nel periodo, nel confermare la complessità del quadro, hanno ben evidenziato la particolare indole violenta dei protagonisti delle dinamiche sopra descritte.

Altro gruppo attivo nel quartiere Sanità è il clan MISSO, nel confronti del quale il Centro Operativo della D.I.A. di Napoli, nel mese di giugno, ha eseguito il sequestro di numerosi beni mobili e immobili, di un’azienda, di quote societarie e di cospicue disponibilità finanziarie, per un valore di oltre 10 milioni di euro, nella disponibilità di due soggetti, uno cassiere ed uomo di fiducia del capo clan, l’altro dedito invece al reimpiego dei capitali illeciti.

Proseguendo, non si registrano modifiche negli assetti criminali dei quartieri San Ferdinando, dove sono presenti i gruppi PICCIRILLOFRIZZIERO, CIRELLA e STRAZZULLO, con interessi prevalenti nella gestione dello spaccio di stupefacenti, in particolare cocaina, e nelle estorsioni.

Nel quartiere di Posillipo, dove si assiste ad un aumento dello spaccio di stupefacenti, il 9 giugno è stato arrestato il capo del locale clan CALONE, per violazione delle prescrizioni della sorveglianza speciale, essendo stato sorpreso in compagnia di esponenti del gruppo CIMMINO.


Area Settentrionale – quartieri Vomero, Arenella, Secondigliano, Scampia, S. Pietro a Patierno, Miano, Piscinola – Chiaiano

Nella zona che comprende i quartieri Vomero ed Arenella, l’arresto avvenuto a Chioggia (VE) il 5 marzo 2016, del capo del gruppo CIMMINO (in esecuzione di un provvedimento cautelare del luglio 2015), avrebbe determinato il passaggio della leadership agli anziani del clan.

A Miano, Piscinola, Masseria Cardone, Scampia e Secondigliano sarebbero in atto delle modifiche agli assetti criminali, in parte determinate dalla destabilizzazione del gruppo LO RUSSO, alias dei Capitoni.

Il sodalizio risulta aver condizionato, per lungo tempo, gli equilibri criminali del capoluogo, forte sia dei consistenti capitali accumulati che dell’elevato numero di affiliati. Negli ultimi anni, inoltre, è stato oggetto di diversi provvedimenti cautelari che hanno riguardato elementi di vertice, molti dei quali passati a collaborare con la Magistratura.

Alla luce dei fatti appena descritti, il ridimensionamento del clan sembra aver spinto gli affiliati ancora liberi a voler riaffermare, con azioni di forza, la propria leadership, rendendosi protagonisti di alcuni gravi episodi – omicidi consumati e tentati – sia nell’area in cui i LO RUSSO risultano maggiormente radicati, sia in altri quartieri dove il sodalizio avrebbe tentato di espandersi.

Tra le vittime degli agguati dei LO RUSSO figurano ex affiliati aggregatisi intorno alla famiglia MALLO, che aveva tentato di acquisire la gestione in autonomia di piazze di spaccio del rione Don Guanella, controllate dai primi. Di quanto sta accadendo ai LO RUSSO ed ai MALLO potrebbe avvantaggiarsi, in prospettiva, il clan LICCIARDI della Masseria Cardone che, da diverso tempo, sembra gestire i propri affari illeciti in maniera meno manifesta, anche in ragione del fatto che molti dei componenti di maggior spessore risultano detenuti.

Oltre ai LICCIARDI, a Secondigliano sono attive formazioni criminali costituite da gruppi e sottogruppi, che si contendono le diverse piazze di spaccio, mentre i superstiti del clan BOCCHETTI risultano stanziati a San Pietro a Patierno, nei rioni Berlingieri e Perrone. Alcune zone di Scampia rimangono, invece, sotto il controllo del sodalizio ABETEABBINANTENOTTURNO.

Non accenna a diminuire l’operatività del clan DI LAURO, che può contare sulla guida dei componenti della stessa famiglia – liberi o latitanti – e sulle ingenti risorse economiche accumulate negli anni, soprattutto dalla gestione della vendita di stupefacenti a Scampia. L’altro gruppo locale, il clan VANELLA GRASSI – in passato scontratosi con i DI LAURO – rimane punto di riferimento nell’area napoletana per quanto concerne il traffico di stupefacenti, sebbene sia stato colpito da arresti di elementi apicali e di numerosi affiliati. Nella zona cd. delle Case Celesti opera il gruppo MARINO, dedito innanzitutto allo spaccio di droga ed il cui reggente è stato arrestato nel mese di aprile ad Orta di Atella.


Area Orientale – quartieri S. Giovanni a Teduccio, Barra e Ponticelli

La periferia est di Napoli continua ad essere un territorio in pieno fermento, caratterizzato dalle attività di gruppi che si contendono il controllo dei vari quartieri e, alla stregua della zona centrale, dall’emersione di giovani pregiudicati.

Il traffico e la vendita di stupefacenti rappresentano, anche in quest’area, la più rilevante fonte di guadagno, determinando scontri cruenti. Più nel dettaglio, il quartiere Ponticelli è stato teatro di accesi contrasti a causa dei repentini cambiamenti di equilibri tra i diversi clan.

Tra questi, il sodalizio DE MICCO si sarebbe imposto nel quartiere avendo mantenuto la coesione del gruppo, nonostante l’arresto di capi e affiliati; in difficoltà appaiono, invece, i sodalizi AMODIOABRUNZO, CUCCAROAPREA, ALBERTOGUARINOCELESTE (prima alleati, poi contrapposti ai CUCCARO-APREA) e D’AMICO (retto, dopo l’arresto degli elementi di vertice, quasi esclusivamente dalle donne del clan).

Da segnalare il fatto che, tra gennaio e marzo, sono stati uccisi tre soggetti legati al dissolto gruppo SARNO: le vittime erano familiari di collaboratori di giustizia o avevano esse stesse, in passato, collaborato con l’Autorità Giudiziaria.

Una nuova fase di fermento si registra nel quartiere di San Giovanni a Teduccio, ove le famiglie MAZZARELLAD’AMICO e RINALDI/REALEFORMICOLA si contenderebbero il territorio. Ne sono prova le numerose incursioni armate con esplosioni di colpi d’arma da fuoco contro le abitazioni di affiliati a clan rivali.


Area Occidentale – quartieri Fuorigrotta, Bagnoli, Pianura, Soccavo, Rione Traiano

Nell’area ad ovest di Napoli si rileva una persistente condizione di tensione che investe tutti i quartieri, concretizzatasi in omicidi – consumati e tentati – e reiterate sparatorie, con raffiche di armi di forte potenzialità offensiva (kalashnikov), rivolte anche alle facciate di edifici.

Le ragioni vanno rintracciate nel tentativo di riposizionamento sul territorio di gruppi criminali storici che si scontrano con clan emergenti. E’ quanto starebbe avvenendo a Bagnoli, dove si contrappongono la famiglia D’AUSILIO ed il gruppo GIANNELLI (il cui capo ha militato nelle fila dei D’AUSILIO) che, in poco tempo, avrebbe assunto una posizione di rilievo, in ciò favorito dal contestuale indebolimento degli altri sodalizi locali.

L’arresto, il 9 febbraio 2016, del capo del gruppo GIANNELLI e la latitanza del figlio del capo del clan D’AUSILIO (non rientrato, nel mese di maggio, da un permesso premio) avrebbero creato un’ulteriore situazione di instabilità. Dal canto loro, i D’AUSILIO, con l’appoggio di storici pregiudicati locali, avrebbero realizzato una rapida riorganizzazione del clan, determinati a non lasciare spazio al gruppo GIANNELLI. Tra le vittime degli agguati registratisi tra maggio e giugno, anche il figlio del capo del gruppo GIANNELLI, ferito il 1° maggio da colpi di arma da fuoco.

Lo stesso, minorenne e incensurato, a poche ore dall’agguato ha postato su un social network un messaggio di sfida ai suoi attentatori.

Su Fuorigrotta, i numerosi sequestri di armi e munizioni effettuati negli ultimi anni, sono indicativi della pericolosità dei gruppi criminali di quest’area.

Il quartiere può essere suddiviso convenzionalmente in tre aree, ciascuna riferibile ad uno specifico gruppo criminale: il clan ZAZO per lo Stadio San Paolo; il sodalizio IADONISI per la parte vecchia del quartiere; i BARATTOBIANCO (a quali è collegata la famiglia CESI, in buoni rapporti con i GIANNELLI) su via Leopardi e via Cumana.

Anche Bagnoli e Pianura sono stati teatro di forti tensioni, sfociate in diversi raid armati e ferimenti di pregiudicati, che sembrano confermare l’ipotesi di un nuovo asse di camorra nell’area occidentale, che da Bagnoli si estenderebbe fino a Pianura, coinvolgendo anche il Rione Traiano.

Nell’area si sarebbe così affermato un cartello composto dalle famiglie LAGOSORIANIELLOGIANNELLIROMANO, in contrapposizione ai gruppi VIGILIA di Soccavo e PESCEMARFELLA di Pianura.


Provincia di Napoli

La progressiva polverizzazione di alcuni storici e radicati clan camorristici connota anche il panorama criminale della provincia di Napoli, determinando, di fatto, un contesto composito: da un lato gruppi che, nonostante l’azione di contrasto delle Forze di polizia, riuscirebbero a restare compatti, mantenendo il potere economico sul territorio; dall’altro clan eterogenei – con una capacità criminale limitata rispetto ai primi – che si aggregherebbero in funzione del perseguimento di finalità specifiche.

camorra provincia napoli - versante occidentale

A fattor comune, i clan più coesi avrebbero spostato i loro interessi verso i settori amministrativi, economici e finanziari della provincia. Talune organizzazioni sarebbero, infatti, riuscite ad acquisire, reimpiegando capitali illeciti, il controllo dell’intera filiera di alcuni comparti dell’industria della contraffazione: dall’import-export di merci fino alla vendita, potendo contare su una fitta rete di punti di distribuzione disseminati in Italia ed all’estero.

Da segnalare, ancora, la capillare diffusione del fenomeno estorsivo, funzionale per rimarcare la supremazia dei clan sul territorio, che si concretizza nella richiesta di somme di denaro, nell’imposizione di prodotti o servizi forniti da aziende indicate dai clan.

Allo stesso modo, per l’acquisizione di appalti pubblici, gli stessi si avvarrebbero di imprese di riferimento, che, forti del loro appoggio, riuscirebbero ad aggiudicarsi le gare, versando poi al gruppo una percentuale dei compensi.


Pozzuoli, Quarto, Bacoli, Fusaro, Monte di Procida, Miseno, Isole

Nei comuni di Pozzuoli e Quarto la permanenza in carcere dei capi ed affiliati storici dei gruppi BEBEDUCELONGOBARDI avrebbe dato spazio al gruppo FERRO, retto dai nipoti del capo del clan BENEDUCE.

Gli arresti e le scarcerazioni avvenuti tra aprile e maggio di elementi di spicco del gruppo FERRO e della famiglia LONGOBARDI potrebbero incidere sulle dinamiche criminali locali. A Bacoli e Monte di Procida si continua a registrare l’operatività del clan PARIANTE (retto dal figlio dello storico capo clan, detenuto e collaboratore di giustizia) con interessi illeciti nelle estorsioni e nel traffico di sostanze stupefacenti.

Nelle isole di Ischia e Procida non si registra una stabile presenza di sodalizi camorristici. Tuttavia, il coinvolgimento di amministratori, imprenditori e dipendenti pubblici in recenti attività giudiziarie che hanno fatto emergere anche episodi di corruzione, potrebbe esporre i territori alle mire dei gruppi camorristici, soprattutto con riferimento alle gare di appalto.


Acerra, Afragola, Arzano, Caivano, Cardito, Casalnuovo, Casandrino, Casavatore, Casoria, Crispano, Frattamaggiore, Frattaminore, Giugliano in Campania, Grumo Nevano, Marano di Napoli, Melito, Mugnano di Napoli, Qualiano, Sant’Antimo, Villaricca e Volla.

Nell’area settentrionale della provincia di Napoli gli assetti criminali appaiono dinamici, con la gestione del mercato degli stupefacenti che rappresenta il principale motivo delle frizioni che si sono registrate anche nel semestre.

Rimane pregnante, in alcuni territori, la presenza del clan MOCCIA di Afragola, attraverso gruppi collegati. Analoga considerazione può essere estesa alle famiglie MALLARDO e NUVOLETTAPOLVERINO che, nelle rispettive zone di influenza, manterrebbero il controllo delle attività illecite.

Più in fermento l’area di Melito, dove opera il clan AMATOPAGANO: nel periodo in esame sono stati uccisi alcuni affiliati al sodalizio. Si tratta di omicidi che vanno ricondotti, da un lato a logiche di riassestamento interno, dall’altro a contrasti con i gruppi ABETEABBINANTENOTTURNO, presenti nella confinante area nord di Napoli, già in passato contrapposti agli AMATOPAGANO.

L’influenza dei sodalizi della citata area nord di Napoli (gruppo VANELLAGRASSI) continua a registrarsi a Casavatore (confinante con i quartieri cittadini di San Pietro a Patierno e Secondigliano), comune in cui opera anche la famiglia MOCCIA di Afragola.

Referenti di quest’ultimo clan controllerebbero anche i comuni di Casoria, Cardito, Carditello, Frattamaggiore, Frattaminore. Da segnalare, sui comuni di Afragola e Casoria, tra i mesi di gennaio e marzo una serie di gambizzazioni di pregiudicati implicati nella gestione delle piazze di spaccio: tali episodi potrebbero costituire parte di un unico disegno criminoso, teso a modificare gli equilibri nello smercio delle sostanze stupefacenti.

A Crispano, comune commissariato con decreto ministeriale del 23 marzo, appare ancora rilevante l’influenza del clan CENNAMO, legato ai MOCCIA, che avrebbe proiezioni anche a Cardito, Carditello e sul territorio di Caivano. In quest’ultimo comune si segnala l’operatività anche del gruppo CICCARELLI, già referente dei MOCCIA, dai quali si sarebbe progressivamente affrancato.

A Giugliano in Campania, l’assenza dei capi del gruppo MALLARDO, tutti detenuti, non sembra averne compromesso la leadership. Si tratta di un sodalizio articolato e ramificato, alleato con storici gruppi di Napoli (LICCIARDI e CONTINI) e con i CASALESI, in buoni rapporti anche con i clan operanti a Villaricca e con le famiglie NUVOLETTA e POLVERINO di Marano di Napoli.

Risultano ormai conclamate in atti giudiziari le proiezioni dei MALLARDO in altre regioni, in particolare nel Lazio, finalizzate al riciclaggio di capitali. Nel citato Comune di Villaricca sono presenti le famiglie FERRARA e CACCIAPUOTI, che operano in autonomina l’una dall’altra, associandosi temporaneamente per conseguire obiettivi criminali comuni, anche attraverso gruppi collegati, come il clan RUOCCO.

Nei confronti di quest’ultimo, nel mese di maggio, il Centro Operativo D.I.A. di Napoli ha eseguito il sequestro, tra il capoluogo campano e Roma, di cinque società, diversi beni immobili e disponibilità finanziarie per un valore di circa un milione di euro, nella titolarità di un affiliato al menzionato clan, dedito alla commissione dei delitti di estorsione, detenzione e porto di armi, truffe, rapine e ricettazione.

Come accennato, Marano di Napoli sarebbe soggetto all’influenza dei gruppi NUVOLETTA e POLVERINO, forti di una consolidata capacità economica ed imprenditoriale e in grado anche di corrompere pubblici funzionari.

Gli interessi dell’organizzazione si sarebbero estesi su svariati ambiti criminali, tra i quali il traffico di sostanze stupefacenti, le estorsioni, il traffico di rifiuti, il riciclaggio in attività economiche – ivi comprese le speculazioni edilizie – anche su altre Regioni e all’estero.

Per quanto concerne gli assetti interni dell’organizzazione, l’esecuzione di provvedimenti cautelari a carico del gruppo POLVERINO avrebbero determinato un indebolimento strutturale del clan, il cui reggente risulta latitante. Le vicende appena descritte avrebbero, inoltre, favorito una maggiore presenza dell’alleata famiglia NUVOLETTA nella gestione del traffico internazionale di stupefacenti.

Collegato al sodalizio NUVOLETTA-POLVERINO è il gruppo ORLANDO – il cui vertice risulta composto da pregiudicati provenienti dal direttivo della famiglia NUVOLETTA – che si rivolgerebbe prevalentemente alla vendita degli stupefacenti ed alla pressione estorsiva nei confronti di commercianti ed imprenditori locali.

Nel territorio di Acerra è operativo il gruppo DI BUONO, anche questo con interessi nello spaccio di stupefacenti e nelle estorsioni. Per quanto riguarda i limitrofi comuni di Casalnuovo e Volla, permane l’operatività dei clan REAVENERUSO e PISCOPOGALLUCCI, antagonisti per il controllo delle estorsioni e del traffico di stupefacenti.

A S. Antimo (presenti i gruppi VERDE, PUCA, RANUCCI, PETITO, D’AGOSTINOSILVESTRE), Casandrino (clan MARRAZZO) e Grumo Nevano (clan AVERSANO) non si registrano sostanziali modifiche del tessuto criminale.


Nola, Saviano, Piazzolla di Nola, Marigliano, Scisciano, Liveri, Palma Campania, San Gennaro Vesuviano, San Giuseppe Vesuviano, Terzigno, San Paolo Belsito, Brusciano, San Vitaliano, Cimitile, Mariglianella, Castello di Cisterna, Pomigliano d’Arco, Cicciano, Roccarainola, Somma Vesuviana, Cercola, Massa di Somma, San Sebastiano al Vesuvio, Sant’Anastasia, San Vitaliano, Pollena Trocchia, Poggiomarino e Striano.

camorra provincia napoli - versante orientale

Nella provincia orientale non si sono verificati mutamenti negli equilibri criminali: permane la leadership del clan FABBROCINO di San Gennaro Vesuviano, capace di pervadere diversi ambiti economico-finanziari e imprenditoriali.

Proprio questo clan è stato colpito, nel corso del semestre, dall’azione di contrasto della D.I.A., quando nel mese di aprile il Centro Operativo di Napoli ha eseguito il sequestro di due beni immobili, tre veicoli, un compendio aziendale ed alcuni rapporti finanziari, per un valore complessivo stimato in mezzo milione di euro, nella disponibilità di un elemento di primo piano dell’associazione.

Altri gruppi presenti in zona – sebbene su contesti territoriali più limitati – sono la famiglia BATTI a San Giuseppe Vesuviano e Terzigno, dedita allo spaccio di sostanze stupefacenti, alle rapine e alle estorsioni; il clan GIUGLIANO a Poggiomarino e Striano, al cui vertice figura la moglie del capo clan, detenuto; il clan D’AVINO a Somma Vesuviana e contrapposto clan ANASTASIO a S. Anastasia.

Alcuni episodi, tra cui l’omicidio di un pregiudicato avvenuto a Marigliano nel mese di febbraio e diversi ritrovamenti di armi, appaiono sintomatici di uno stato di tensione tra i gruppi dell’area, che punterebbero alla ricerca di maggiori spazi d’azione.

Nell’area orientale vesuviana si segnala, infine, l’operatività dei sodalizi PISCOPO e ARLISTICO a Pollena Trocchia, e REGA a Castello di Cisterna e Brusciano.


Portici, Ercolano, San Sebastiano al Vesuvio e San Giorgio a Cremano, Torre del Greco, Torre Annunziata, Boscoreale, Boscotrecase, Pompei, Castellammare di Stabia, Sant’Antonio Abate, Pimonte, Agerola, Penisola Sorrentina

Il tessuto criminale di questa porzione di territorio si presenta fortemente trasformato a seguito della disarticolazione, da parte dell’Autorità Giudiziaria campana, di alcune storiche organizzazioni camorristiche.

Permane, tuttavia, una diffusa conflittualità per il controllo delle estorsioni e del traffico di stupefacenti. Tra i gruppi più attivi, figurano il clan GIONTA, che gestirebbe il traffico di droga utilizzando canali dei Paesi Bassi e il cartello GALLOLIMELLIVANGONE, che oltre alla citata rotta del nord Europa, avrebbe instaurato contatti con i cartelli colombiani per l’importazione di consistenti quantitativi di cocaina attraverso il territorio iberico.

Si avvarrebbe della medesima rotta “Colombia-Spagna-Italia” anche la famiglia TAMARISCO. Scendendo nel dettaglio dei clan che insistono sui comuni dell’area, a San Giorgio a Cremano – dove non si rilevano particolari tensioni – si segnalano i gruppi ABATE e TROIA ed un’organizzazione espressione del clan MAZZARELLA.

A Portici permane l’egemonia del clan VOLLARO, come confermato da un provvedimento cautelare del gennaio 2016, che ha riguardato, tra l’altro, un’attività di gestione illecita del gioco on line.

Ad Ercolano risultano sensibilmente disarticolati i due contrapposti cartelli ASCIONEPAPALE e BIRRAIACOMINO, comunque ancora presenti nello spaccio di stupefacenti e nelle estorsioni.

Analoga situazione si registra a Torre del Greco, dove, seppur ridimensionato, manterrebbe la propria forza di intimidazione il clan FALANGA.

A Torre Annunziata si conferma la presenza dei sodalizi VENDITTO, TAMARISCO (collegato al clan CESARANO di Pompei), CHIERCHIA, GALLO e del già citato clan GIONTA.

A Boscoreale permane la presenza dei sodalizi AQUINOANNUNZIATA, VISCIANO, PESACANE e GALLOLIMELLIVANGONE, mentre a Castellammare di Stabia si segnala la famiglia D’ALESSANDRO. Collegato a quest’ultimo gruppo si conferma il clan IMPARATO, insediato nel rione Savorito.

Il clan CESARANO, sebbene ridimensionato da inchieste e da arresti eccellenti, continua ad essere fortemente radicato nel territorio di Pompei e nella parte periferica di Castellammare di Stabia.

A Gragnano e Pimonte è operativa la famiglia DI MARTINO, collegata ai citati D’ALESSANDRO, mentre ad Agerola e nella stessa Pimonte si segnala il gruppo AFELTRA, emanazione del disciolto clan IMPARATO (non identificabile con il gruppo sopracitato).


Caserta

Le attuali dinamiche della criminalità organizzata casertana ed in particolare del clan dei Casalesi fotografano una situazione di graduale depotenziamento dei sodalizi criminali, dovuto alla costante azione repressiva della Magistratura e delle Forze di polizia.

Sono stati numerosi, infatti, anche nel semestre in parola, gli arresti eseguiti, i sequestri e le confische portate a termine nei confronti dei gruppi dell’area.

camorra caserta

Le indagini concluse – sviluppate anche grazie alle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, in passato al vertice del clan – hanno fatto luce sulle dinamiche interne, modalità di reinvestimento di capitali e rapporti con le Istituzioni della camorra casertana.

Le stesse acquisizioni investigative hanno confermato la propensione dei CASALESI a permeare il tessuto socio-economico casertano ma anche partenopeo, grazie alla capacità di consolidare rapporti di natura collusiva con personaggi dell’imprenditoria, della finanza e della pubblica amministrazione, in una logica di reciproco vantaggio.

Si è delineata, infatti, nel tempo, un’area grigia, momento di incontro tra soggetti apparentemente insospettabili della Pubblica Amministrazione ed esponenti della criminalità organizzata, funzionale innanzitutto ad infiltrare gli appalti pubblici.

È rilevante, infatti, la sequenza di investigazioni concluse nel semestre che hanno investito il capoluogo e diversi comuni casertani (Trentola Ducenta, Santa Maria C.V., Grazzanise e Aversa), coinvolgendo amministratori in carica ed ex amministratori, nonché funzionari comunali, tutti espressione di una classe dirigente accomunata, nei casi oggetto d’indagine, da obiettivi di arricchimento personale e disponibile, per questo, ad intrecciare rapporti con la criminalità organizzata.

E numerose sono state anche le attività condotte dalla D.I.A. di Napoli nei confronti dei CASALESI.

Nel mese di febbraio, il Centro Operativo di Napoli ha eseguito due provvedimenti di confisca, entrambi disposti dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, nei confronti di soggetti appartenenti all’ala BIDOGNETTI e alla frangia ZAGARIA, per un valore complessivo di circa mezzo milione di euro.

Lo stesso Centro Operativo della D.I.A., sempre a seguito di provvedimenti emessi dall’A.G. di Santa Maria Capua Vetere, ha eseguito, nell’ordine, nel mese di marzo, la confisca del patrimonio nella disponibilità di un ex consigliere del comune di Casal di Principe (ritenuto organico al clan dei CASALESI), stimato in oltre 6 milioni di euro; nel mese di giugno il sequestro di diversi beni immobili e di una società, del valore complessivo di circa un milione di euro, nella disponibilità di un imprenditore attivo per l’organizzazione nel settore degli appalti e degli affidamenti diretti dei lavori pubblici.

Lo spaccato che ne emerge è quello di un vero e proprio sistema che si è perpetuato nel tempo e che avrebbe determinato un fortissimo danno all’economia locale.

In altri casi lo sviamento dalle funzioni pubbliche, sebbene non immediatamente riconducibile a contesti di criminalità organizzata, è andato ad intaccare settori particolarmente esposti agli interessi mafiosi, come quello dei rifiuti nel Comune di Maddaloni.

È noto, infatti, che l’inserimento dei clan nel settore degli appalti rappresenta la principale causa di scioglimento degli Enti locali, l’ultimo dei quali, in odine di tempo, è il Comune di Trentola Ducenta, sciolto ex art. 143 T.U.E.L. con Decreto dell’11 maggio 2016, che ha tenuto conto delle evidenze giudiziarie che avevano acclarato l’opera di condizionamento esercitata dal clan dei CASALESI, gruppo ZAGARIA.

Oltre agli appalti, gli ambiti criminali di maggior interesse del cartello dei CASALESI sono rappresentati dal riciclaggio, l’usura, le estorsioni, la gestione delle puntate e delle scommesse d’azzardo on line e il traffico di stupefacenti.

Riguardo a quest’ultimo delitto, mentre in passato la criminalità casertana si era limitata ad operare in qualità di mero investitore, senza intervenire direttamente nelle fasi di distribuzione e gestione dello spaccio, negli ultimi anni avrebbe manifestato un maggiore interesse nella partecipazione attiva ai traffici, in sinergia con i sodalizi della vicina provincia napoletana.

Ancora, gli interessi dei casalesi, oltre all’edilizia, al ciclo degli inerti ed alla ristorazione, ricadrebbero sulla grande distribuzione alimentare, sulla logistica e sui trasporti.

Scendendo nel dettaglio degli assetti criminali interni al cartello, risulta ancora operativa la famiglia ZAGARIA di Casapesenna, mentre nel clan SCHIAVONE le attività illecite sono coordinate dalla famiglia RUSSO.

Nonostante i provvedimenti giudiziari ne abbiano ridotto gli organici, rimane attivo, sul litorale casertano, il sodalizio BIDOGNETTI, che controllerebbe il territorio anche grazie ad alcune alleanze, come quella con il gruppo GAGLIARDIFRAGNOLIPAGLIUCA – presente nell’area di Mondragone – e con il clan PERRECA di Recale.

Al di fuori del cartello dei CASALESI, rileva l’operatività del clan BELFORTE, alias “i Mazzacane” di Marcianise, che estenderebbe la propria azione su una consistente porzione di territorio.

La collaborazione con la giustizia di esponenti di vertice del clan – tra cui alcuni componenti della stessa famiglia BELFORTE – ha condotto all’emissione di numerosi provvedimenti a carico del sodalizio, come nel caso dell’operazione “Dynasty”, del mese di aprile, che ha fatto luce su un’attività di usura nei confronti di imprenditori locali che, sottoposti a gravi atti di intimidazione, accettavano di pagare agli uomini del clan interessi superiori al 120%.

Nel medesimo contesto marcianisano, oltre ai citati BELFORTE, si evidenziano le attività del contrapposto clan PICCOLO e di gruppi familiari autonomi e di minore spessore criminale: MENDITTI, a Recale e San Prisco; BIFONE, a Macerata Campania, Portico di Caserta, Casapulla, Curti, Casagiove, San Prisco e MASSARO a San Felice a Cancello, Santa Maria a Vico e Arienzo.

Nei comuni di Sessa Aurunca, Cellole, Carinola, Falciano del Massico e Roccamonfina si registra una fase di destabilizzazione degli equilibri che ha riguardato il gruppo ESPOSITO, alias “i Muzzuni”, che avrebbe spostato i propri interessi verso il traffico degli stupefacenti, incrementandone lo spaccio.

Infine, il territorio di Santa Maria Capua Vetere vede contrapposte le famiglie DEL GAUDIO e FAVA, entrambe gravitanti nell’orbita del cartello dei CASALESI.


Salerno

Il contesto criminale salernitano, grazie all’attività di contrasto che ha depotenziato i clan della Piana del Sele e dell’Agro Nocerino-Sarnese, appare caratterizzato dalla coesistenza di molteplici gruppi – non sempre di chiara matrice camorristica – con equilibri interni precari ma comunque dediti alle attività tipiche delle associazioni mafiose, quali il traffico di stupefacenti, le estorsioni, l’usura e la detenzione di armi.

All’interno di questi nuovi gruppi sarebbero stati inclusi, come promotori, soggetti affiliati a storici sodalizi.

Il traffico e lo spaccio di stupefacenti, in prevalenza provenienti dall’area napoletana, continuano a rappresentare le attività delinquenziali maggiormente diffuse e remunerative.

A queste si affiancano l’usura e l’esercizio abusivo del credito, risultati funzionali, tra l’altro, al riciclaggio e reimpiego di capitali illeciti. Sul piano generale, nel corso del semestre gli assetti criminali della provincia appaiono sostanzialmente immutati rispetto all’analogo periodo precedente.

A Salerno, infatti, continua a registrarsi la presenza del clan D’AGOSTINO e di gruppi minori, colpiti all’inizio dell’anno dall’attività delle Forze di polizia proprio per delitti in materia di stupefacenti, mentre nella Valle dell’Irno si segnala il gruppo GENOVESE.

camorra salerno

L’agro nocerino-sarnese rappresenta l’area con una maggiore concentrazione di sodalizi ben strutturati e con proiezioni extra provinciali. In particolare, a Scafati il gruppo MATRONE, legato alla famiglia CESARANO di Castellammare di Stabia, risulta ancora attivo nonostante l’arresto del capo clan e di sodali di spicco.

Nello stesso ambito territoriale, è da segnalare il gruppo LORETORIDOSSO, le cui dinamiche interne sono state rese note da uno dei suoi elementi di vertice, diventato collaboratore di giustizia.

Nella città di Angri, il clan NOCERA appare indebolito dagli arresti e dalla collaborazione di diversi esponenti apicali. Questo stato di cose avrebbe consentito l’ascesa di giovani pregiudicati, favoriti anche dal sostegno di sodalizi dell’entroterra vesuviano. Nel territorio di Nocera Inferiore sono presenti alcuni storici esponenti della Nuova Camorra Organizzata.

A Pagani, invece, rimane forte la presenza del clan CONTALDO e del cartello D’AURIAPETROSINOFEZZA, nonostante lo stato di detenzione dei vertici del sodalizio e la collaborazione con l’A.G. di alcuni esponenti.

Nei confronti del menzionato cartello, nel mese di maggio, la Sezione Operativa della D.I.A. di Salerno ha eseguito il sequestro, con contestuale confisca, di diversi beni mobili e immobili – del valore complessivo di oltre 350mila euro – nella disponibilità di un affiliato, particolarmente attivo nelle truffe ai danni dell’Inps per i falsi lavoratori.

A Sarno si registra la presenza di una frangia del clan GRAZIANO di Quindici (AV), dedito all’attività estorsiva ed all’infiltrazione negli appalti pubblici, in grado di estendere la propria influenza criminale anche sui limitrofi comuni di Siano e Bracigliano.

A Sant’Egidio del Monte Albino e Corbara, alle porte della costiera amalfitana, si segnala un gruppo legato al clan SORRENTINO (già operante su Pagani), a cui si affiancano soggetti collegati ai sodalizi di Pagani e Nocera Inferiore.

Propaggini dei gruppi di quest’ultimo comune risultano attive anche a Castel San Giorgio e Roccapiemonte. A Cava dei Tirreni sono presenti esponenti del clan BISOGNO e, al pari di altre aree della provincia, gruppi neocostituiti attivi nel traffico e nello spaccio di stupefacenti.

Nella Piana del Sele, in particolare a Battipaglia ed Eboli, l’indebolimento del clan PECORARORENNA e del contrapposto clan DE FEO avrebbe lasciato spazio, nella gestione delle attività illecite, a gruppi basati su strutture familiari, anche questi coinvolti nel settore degli stupefacenti e nelle estorsioni.

Ad Agropoli è presente la famiglia di nomadi MAROTTA ed elementi del clan FABBROCINO.

L’area del medio e basso Cilento, a forte vocazione turistica e confinante con la Calabria, appare infine esposta a possibili investimenti immobiliari ed imprenditoriali da parte della criminalità organizzata napoletana, casertana e calabrese.


Benevento

Nel corso del semestre non si sono registrati, sulla provincia di Benevento, mutamenti sostanziali negli assetti delle organizzazioni criminali locali. Come evidenziato nella mappa, i principali clan presenti sono SPARANDEO, IADANZAPANELLA, PAGNOZZI, NIZZA, SATURNINOBISESTO, BRILLANTETAMBURELLO, cui risultano collegati gruppi criminali minori.

A Benevento permane l’operatività del clan SPARANDEO, mentre la famiglia PAGNOZZI, originaria della Valle Caudina, estende la propria influenza criminale sul versante sannita e nell’area telesina, avvalendosi a tale scopo dei gruppi SATURNINO/BISESTO su Sant’Agata dei Goti e IADANZA/PANELLA sulla zona di Montesarchio, Bonea, Bucciano, Castelpoto, Campoli del Monte Taburno, Tocco Caudio, Cautano e Forchia.

Al pari di quanto registrato in altri ambiti territoriali campani, anche la struttura amministrativa del comune di Benevento è stata coinvolta, a causa dell’attività di un dipendente infedele, in un’indagine per presunte irregolarità nell’affidamento di appalti, finanziati con fondi comunitari.

Sebbene nell’operazione non siano risultate coinvolte organizzazioni camorristiche, tali episodi appaiono sintomatici di una vulnerabilità degli apparati amministrativi locali.

camorra benevento

Avellino

Le aree del territorio provinciale che sembrano maggiormente risentire della pressione della camorra sono il Vallo di Lauro, il Baianese, la Valle Caudina, l’Alta Irpinia, il comprensorio Montorese-Solofrano e la zona di Ariano.

Si confermano, quali gruppi più strutturati, i clan CAVA e GRAZIANO di Quindici e quello dei PAGNOZZI, sodalizio che, come evidenziato nel paragrafo precedente, sarebbe attivo anche su parte del territorio di Benevento e sulla provincia di Caserta, oltre ad estendere i propri interessi economici a Roma. Il traffico di stupefacenti e le estorsioni rappresentano anche per i gruppi locali le primarie fonti di finanziamento.

Da segnalare, ancora, come lo stato di detenzione di alcuni esponenti di rilievo della famiglia CAVA abbia inciso sugli equilibri interni dell’organizzazione. Ciononostante, i CAVA continuerebbero ad esercitare il controllo sulle attività criminali di Avellino, mantenendo forti interessi nell’agro nolano e vesuviano (comuni di San Vitaliano, Scisciano, Cicciano, Roccarainola, Cimitile, Carbonara di Nola e Saviano), area dove sarebbe operativo, attraverso una propaggine, il clan SANGERMANO, retto dai nipoti del capostipite dei CAVA.

Il contrapposto gruppo GRAZIANO, oltre ad operare nel Vallo di Lauro, è presente anche nell’agro nocerino-sarnese, e può contare sulla guida di affiliati di spessore, presenti sul territorio.

camorra avellino



La mappa della camorra nel 2015:

http://salerno.occhionotizie.it/notizie-dal-territorio/camorra-ecco-la-nuova-mappa-della-famiglie-in-provincia/

 

La mappa della camorra nel 2014:

http://salerno.occhionotizie.it/notizie-dal-territorio/camorra-mappa-in-provincia-salerno-quali-famiglie/

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