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Battipaglia, allarme furti: lettera aperta alla Giunta Francese

BATTIPAGLIA. Dopo il triplice furto dell’altra notte a Battipaglia, è ancora allarme tra i residenti. La stessa banda che ha agito nelle tre abitazioni di via Spineta, pare che sia tornata nuovamente sul posto. Questa volta l’obiettivo era l’ex Fabbrica dei Sapori. Non hanno potuto trovare nulla poiché la zona è sotto sequestro. Uno dei metronotte ha provato ad allertare i carabinieri chiedendo soccorso, ricevendo come risposta che «c’era un’unica volante in giro».

L’ex militante di Rifondazione Comunista, Enzo Castaldi, una delle vittime del furto consumatosi nella notte tra mercoledì e giovedì, ha scritto una lettera aperta alla Giunta Francese. La riprendiamo passo per passo, dal suo blog.

«La zona in cui abito, via Spineta in località Fasanara, è da sempre conosciuta come nucleo di braccianti, contadini che lavorano fertili terre capaci di portare sulle nostre tavole la genuina bontà di verdura, ortaggi, frutta. È luogo dove si conserva una buona memoria storica della Battipaglia che fu, ed è anche luogo che dà lavoro a quei tanti (come me) che hanno deciso di “tornare alle origini della nostra storia” ricominciando a prendere zappa e semi in mano, nonostante una laurea magistrale in tasca. È dunque un posto di vita attiva, con potenzialità gigantesche, menti innovative ma al tempo stesso persone che conservano la tradizione. Ebbene, oltre a tutto questo, è anche luogo di grossi furti e rapine.

Storicamente è stato sempre così: chiunque in zona ne è stato vittima. Da qualche giorno poi (esattamente due) la zona in cui abito è soggetta all’andirivieni di una banda di criminali non identificati. Nella notte del 22 Settembre hanno scassinato tre depositi (di cui uno chiuso anche da rete di protezione) rubando tantissimi attrezzi da lavoro tra cui una zappatrice, un tagliaerba, due biciclette del valore di 1000 euro, una saldatrice. In tutto circa 5000 euro di danni. La stessa mattina mi sono recato al comando dei Carabinieri per sporgere denuncia con le foto e le precisazioni sul modello di bici, mentre purtroppo non sono riuscito a reperire altro inerente al resto del materiale.
A questo punto, oltre chiaramente al normale disagio e spavento che questa situazione comporta in chi subisce il danno (che capirete oltre che materiale è ASSOLUTAMENTE morale), vigeva comunque una “certa tranquillità”. “Non potranno tornare” mi sono detto addormentandomi di un sonno leggerissimo ieri stanotte intorno alle due.
E invece sono tornati con obiettivo la ormai chiusa “Fabbrica dei sapori” (vedi foto).

Hanno rotto la rete saltando la parte di muro alta circa un metro. Hanno aperto saracinesche non trovando nulla perché tutta la zona é sotto sequestro e vuota. Il metronotte che passa nella fabbrica ogni 3/4 ore vedendo le saracinesche forzate ha estratto la pistola ed ha cominciato a girare arrivando fin davanti casa mia. Ha chiamato i carabinieri chiedendo soccorso (é solo) ma questi hanno risposto CHE C’ERA UN’UNICA VOLANTE IN GIRO. Incredibile. Tutto l’andazzo, il fatto che siano tornati facendo la stessa strada (presumibilmente da uno dei ponticelli che danno sul fiume, accessibili da vie secondarie, lasciando lì il furgone) e che siano andati nella fabbrica mi fa capire che sono gruppi che hanno studiato la zona ma non ne conoscono i dettagli (qui sappiamo tutti delle sorti della fabbrica e dell’assenza di materiale all’interno), quindi probabilmente vengono da fuori e non frequentano i posti. Non hanno il minimo senso del pericolo, altrimenti non sarebbero tornati, sono sicuramente ben equipaggiati e credo anche con materiale offensivo (tipo coltelli, oltre a martelli o altro).
Ora io vi chiedo: è possibile vivere così in questo scenario da far west che turba la normale e sacrosanta quiete quotidiana? Mi si dirà: “ ma dovete provvedere voi a recinzioni adeguate ed antifurti”. Benissimo. Ma una piccola domanda mi si permetterà: e se non avessimo le risorse materiali per far tutto questo? Qui c’è gente che ha lavorato una vita per farsi (spesso da sé) una casa e che è stata privata dei mezzi per lavorare la terra, che in alcuni casi è l’unica fonte di sussistenza. Noi cominciamo ad avere paura, sono due giorni in cui viviamo all’erta e in uno stato di disagio profondo. Ci sentiamo abbandonati da istituzioni e forze dell’ordine. Cosa si aspetta? Che cominciamo ad organizzarci da noi cercando di farci giustizia con le nostre mani – tra l’altro rischiando – in quanto ignoriamo la pericolosità di chi ci sta di fronte? Fino ad ora i danni sono stati solo materiali e morali: aspettiamo che ci scappi il ferito, o peggio ancora, per cominciare a prendere provvedimenti seri?

Chiedo con forza, in accordo con gli altri abitanti delle zone vittime di questi fatti, che le istituzioni non ci abbandonino a noi stessi. Siamo cittadini che danno un servizio ad una comunità e vogliamo vivere e lavorare in tutta tranquillità. Non potete restare muti a queste richieste. Resto a disposizione e mi aspetto una qualsiasi risposta».

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