Inchiesta

Battipaglia, il tabacchificio degli sprechi

BATTIPAGLIA. L’ex tabacchificio Farina di via Rosa Jemma è l’argomento di discussione che si tramanda da amministrazione in amministrazione da circa 20 anni.

Polo agroalimentare, centro della mozzarella, cuore di un piano di riqualificazione urbana, centro fieristico. Questi i tanti progetti che dovevano dare una nuova identità a quello che è stato uno dei centri d’eccellenza del Mezzogiorno nella produzione del tabacco che, oggi, ospita la sede della municipalizzata di igiene urbana Alba Ecologia, il comando di Polizia Municipale e la scuola media statale “Sandro Penna“.

Ma oggi l’edificio riversa nel degrado: finestre rotte, pareti in lamiera arrugginite, camion della spazzatura, segnali stradali, merci immagazzinate.

Resta solo il ricordo della comunità operosa di una città che una volta era il simbolo del progresso industriale.

Negli anni, i tanti progetti messi in atto hanno richiesto cospicui investimenti ma nessun risultato costruttivo.

A partire dal 1997 quando, l’allora sindaco Fernando Zara, creò un polo fieristico che richiese l’intervento di 6 miliardi di lire per acquistarlo dai privati e destinarlo all’ubicazione dell’Alba Nuova.
Tentò una riqualificazione della struttura, ma senza risultati.

Nel 2004 fu la volta di Alfredo Liguori che creò la Stu (Società di Trasformazione Urbana) “Battipaglia Sviluppo Spa“, unendosi alle innumerevoli Stu che sorserò su tutto il territorio italiano di quegli anni.

Con a capo Vincenzo Inverso, e con lo scopo di cambiare il volto dell’intero Rione Taverna, il progetto partì con il cofinanziamento della Regione Campania di 2 milioni di euro per coprire le spese degli interventi edilizi.

Ma il progetto comprendeva anche una zona di proprietà di un privato (Jemma) che aveva già stipulato una convenzione con l’Iacp Futura per realizzare oltre 90 appartamenti.

A seguito di concessioni che il Comune negò per dare spazio alla Stu, il privato presentò ricorso al Tar, che era in accordo con il Consiglio di Stato, ottenendone il consenso.
Nel frattempo i fondi andarono persi perché i lavori per il tabacchificio non iniziarono prima della termine massimo previsto per il primo dicembre 2006.

A tardare i lavori, anche i vincoli imposti dalla Soprintendenza. Ma anche se la Stu fu attiva per 8 anni, non ci fu nessun progresso.

Con l’amministrazione Santomauro furono elargiti 4 milioni di euro del Più Europa per la Stu, ma il progetto fu abbandonato in seguito con la liquidazione della società. A quel punto, Santomauro mise in vendita l’ex tabacchificio tramite la Società Veicolo per un importo totale di 11 milioni di euro.

La vendita fu portata avanti anche dal commissario Mario Rosario Ruffo e, successivamente, dalla commissione straordinaria calando il prezzo a 8 milioni di euro.

In questi anni aveva avanzato una proposta d’acquisto un privato che voleva trasformare l’ex tabacchificio in un centro della mozzarella. Ma anche questo progetto finì nel dimenticatoio a seguito del terremoto giudiziario che investì il Comune nel 2013.

 

 

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