Politica

Battipaglia, il Ministero della Salute boccia l'ospedale "S.Maria"

BATTIPAGLIA. Troppi parti cesarei, l’ospedale di Battipaglia non rispetta gli standard imposti dal Ministero della Salute. La diffusione dei dati sulla rete ospedaliera, per ciò che riguarda i punti nascita, ha portato alla luce una situazione preoccupante in diverse strutture sanitarie del Salernitano. In particolare, al “Santa Maria della Speranza” di Battipaglia. Sui tre standard considerati (almeno 500 parti annui, percentuali di cesarei e di parti vaginali da parte di donne che hanno già subito un cesareo), l’ospedale di Battipaglia rispetta solo uno di questi, ossia il numero di nascite. Nel 2015, al “Santa Maria della Speranza” sono nati 1.143 bambini e bambine, rispettando il limite minimo imposto. Tuttavia, l’ospedale supera di gran lunga il tetto dei 25 tagli cesarei ogni 100 parti, previsto per gli ospedali con un numero di parti annui maggiore di mille.

Nello stesso 2015, infatti, il 63% dei parti è stato effettuato con taglio cesareo. Ed è solo dell’1% il dato che riguarda il numero di parti vaginali ogni cento in donne con un pregresso cesareo. In pratica, a Battipaglia, nel 2015, solo 1 donna su 100 che avevano già subito un cesareo ha partorito in modo naturale. La media nazionale è dell’8%. Il polo delle nascite. Il “Santa Maria della Speranza” è il caso più eclatante, soprattutto perché nel suo polo delle nascite è confluita anche l’ostetricia e ginecologia dell’ospedale di Eboli, ma non è l’unico. Bocciate dai dati ministeriali anche le cliniche Villa del Sole di Salerno (74% di parti cesarei, zero parti naturali dopo il cesareo) e Malzoni di Agropoli (48% di parti cesarei, 1% di parti naturali dopo il cesareo). Gli ospedali di Vallo, Polla e Sapri, invece, non rispettano lo standard di almeno 500 parti annui.

La chiusura dei reparti. Si tratta di dati ancor più preoccupanti se si considerano i recenti stravolgimenti in seno alla rete dei punti nascita in provincia di Salerno, con la chiusura dei reparti di ostetricia e ginecologia di Eboli ed Oliveto Citra (trasferiti all’ospedale di Battipaglia) e la scelta di mantenere in vita gli stessi reparti presso gli ospedali di Sapri, Vallo della Lucania e Polla. «La rete dei punti nascita in provincia di Salerno è totalmente da rifare – commenta Rolando Scotillo, dirigente sindacale che ha proposto ricorso al Tar contro il piano ospedaliero della provincia di Salerno, con particolare riferimento alla chiusura del reparto di ostetricia e ginecologia di Eboli – è a rischio la salute di mamme e bambini. Bisogna bloccare immediatamente l’atto aziendale dell’Asl di Salerno e porre un rimedio, ripensando ad un potenziamento della funzione consultoriale come misura di opzione alternativa al parto cesareo ospedaliero». Secondo Scotillo, infatti, il problema reale sarebbe nel fatto di non aver previsto strutture territoriali di accoglienza e di monitoraggio per le gravidanze fisiologiche, insieme ad un potenziamento della funzione consultoriale come misura di opzione alternativa al parto cesareo ospedaliero.

«Avevamo proposto una rete dei punti nascita che prevedeva la trasformazione di tutti quei punti nascita al di sotto dei 500 parti attraverso la costruzione di una rete ed un percorso assistenziale per la gestione della paziente gravida e di accompagnamento al parto naturale ospedaliero e domiciliare – continua il sindacalista – Non ci hanno ascoltato e questi sono i risultati. Concentrare pazienti gravide e non differenziarle per parto fisiologico e per parto difficile o cesareo ha generato confusione e visite approssimative alle degenti che vengono invitate a visite più approfondite presso gli studi privati».

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio