Cronaca

Capaccio, bomba carta al “Centro Motor”: salta in aria saracinesca, ennesima intimidazione

CAPACCIO. Nonostante tre attentati incendiari subiti in due mesi e l’arresto del responsabile di tali atti, non c’è pace per la famiglia Paolino, titolare del “Centro Motor” in Via Licinella, dove questa notte una bomba carta ha fatto saltare nuovamemente in aria una saracinesca dell’officina-autolavaggio di Capaccio. Il violento boato della deflagrazione ha creato uno squarcio nella serranda, destando nel sonno numerosi residenti.

Nel piazzale si sono subito riversati i proprietari, sconvolti e preoccupati per l’ennesima ritorsione ai loro danni. Sul posto sono giunti tempestivamente i carabinieri della Stazione di Capaccio Scalo, diretti dal l.te Serafino Palumbo, e dell’Aliquota Radiomobile di Agropoli, agl’ordini del m.llo Carmine Perillo, che hanno eseguito tutti i rilievi del caso con i colleghi del Nucleo Investigativo, coordinati dal l.te Alfonso Cerotto.

L’episodio lascia ora aperti diversi interrogativi sulla vicenda, visto che dal 16 marzo scorso è rinchiuso in carcere il 29enne capaccese Giancarlo Rossi, accusato di essere l’autore materiale dei precedenti raid incendiari ed imputato, per questo, dei reati di tentata estorsione, danneggiamento seguito da incendio, detenzione e porto abusivo di materiale esplodente, il tutto aggravato dal metodo mafioso.

Le indagini, condotte dalla Compagnia di Agropoli, coordinata dal cap. Giulio Presutti, consentirono di: documentare la piena responsabilità di Rossi quale esecutore degli attentati incendiari patiti dalle vittime, con un danno arrecato pari a circa 70mila euro; ricostruire le dinamiche degli episodi, mediante l’analisi delle diverse tipologie di ordigni utilizzati dall’autore (taniche contenenti carburante munite di innesco nel primo caso, “bombe carta” nelle ulteriori due occasioni) e delle immagini estrapolate dalle videocamere di sorveglianza; delineare la particolare capacità intimidatoria del 29enne, finalizzata all’estorsione, corroborata dalla notorietà dello spessore criminale della famiglia Rossi, dovuta alla pregressa condanna del padre Rossi Umberto per il reato di cui all’art. 416 bis.

(Fonte: stiletv – foto d’archivio)

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