Cronaca

Cassazione, sì al dissequestro delle Pisano

Fonderie Pisano: gli ermellini hanno dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla Procura di Salerno avverso alla decisione del Riesame che aveva dissequestrato l’impianto di Fratte. La decisione nel tardo pomeriggio di ieri anche se al momento ancora non sono state rese note le motivazioni alla base della decisione assunta.

Sono stati molti gli elementi su cui i giudici della Cassazione sono stati chiamati a valutare ed esprimersi; elementi di natura strettamente ambientali ed altri di natura burocratico-autorizzativa.

A suo tempo i giudici del Riesame ritennero che la tesi accusatoria recepita dal Gip (giudice indagini preliminari) non teneva conto del fatto che alla data del 10 novembre 1999 (quando cioè entra in vigore la legge che recepisce una direttiva europea in tema di inquinamento) la ditta Fonderie Pisano aveva ottenuto tutte le autorizzazioni ambientali necessari.

Inoltre, trovandosi lo stabilimento a Fratte dal 1960, doveva essere qualificato come impianto esistente e non di nuova realizzazione.

Per questo il Riesame non aveva condiviso quanto affermato dal gip e cioè che gli indagati non erano muniti di valida autorizzazione alle emissioni in atmosfera.

La Cassazione conferma il dissequestro

E ancora, quando nel 2011 fu presentata istanza per il rilascio dell’Aia, autorizzazione integrata ambientale, l’impianto produttivo era da considerarsi esistente; ma il funzionario del settore provinciale ecologia lo qualificò come “nuovo”.

Ma, sempre secondo il Riesame, ciò può configurare profili di illegittimità dell’atto di rilascio dell’Aia (avvenuto nel 2012) ma non può far ipotizzare che il funzionario abbia intenzionalmente procurato un ingiusto vantaggio patrimoniale al privato che aveva chiesto il rilascio dell’autorizzazione.

La Procura di Salerno guidata da Lembo, nei mesi scorsi ha provato a “smontare” punto per punto tutte le motivazioni addotte dal riesame e che avevano portato al dissequestro dell’opificio.

Le reazioni

«Sicuramente non nascondiamo la delusione per questa inammissibilità del ricorso. Avevamo speranza che la Cassazione potesse riequilibrare la verità e la giustizia. Tuttavia sapevamo che la Cassazione non entra nel merito della questione ma si ferma alla forma procedurale. Restiamo in attesa di leggere le motivazioni, ma vogliamo anche sottolineare che non ci fermiamo».

Lorenzo Forte non ci sta dopo la sentenza di ieri. Il presidente del comitato Salute e Vita adesso chiama a raccolta le istituzioni: «Questa situazione non cancella tutto quello che è stato accertato alla salute dei cittadini e del lavoratori che l’Arpac ha ritrovato anche nel luglio del 2018. Riteniamo che noi andremo avanti a chiedere comunque che la politica a questo punto faccia la sua parte e trovi una soluzione definitiva e chiuda quella fabbrica». Forte alza il tiro e proclama l’ennesimo presidio.

Il comitato continuerà ad alzare la voce affinché ci sia la chiusura definitiva dello stabilimento: «Domenica mattina alle 9:30 saremo in piazza a Fratte per un presidio, per chiedere che questa situazione sia risolta alla sede opportuna. La politica trovi una soluzione definitiva, chiuda quella fabbrica incompatibile con il territorio».

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio