Cronaca

Cava de' Tirreni: da ventisette anni in un buco, uomo malato chiede aiuto

CAVA DE’ TIRRENI. È in sottoscala, un appartamento monolocale in via Sante di Marino, la “casa” della famiglia Senatore. Per ben 27 anni costretti, per mancanza di opzioni migliori, ad adattarsi. Una sola stanza, bagno e cucina a pochi passi l’una dall’altro. 30 mq di “abitazione” con muffa e mobili ormai datati.

Inascoltata la richiesta, presentata all’amministrazione, di una nuova abitazione. Una casa popolare, per permettere un vita dignitosa, ma la riposta da Palazzo di città non è mai giunta. È la lotta quotidiana di Pietro Senatore, la moglie Antonietta ed il figlio Francesco, che da 27 anni si arrangiano con una soluzione che doveva essere “temporanea”.

Un arrangiamento che, dopo il matrimonio, l’arrivo di un figlio ed un incidente sul lavoro, non basta più. Eppure non si perdono d’animo, nonostante le mille difficoltà che la vita gli ha messo davanti. Lui, Pietro, da 10 anni costretto in un letto a causa di un brutto infortunio mentre svolgeva il suo lavoro, il muratore. La caduta da un’impalcatura l’ha costretto quasi all’immobilità, complice la scarsità di denaro che non ha concesso le cure adeguate.

2 anni fa un piccolo spiraglio di luce, arriva la pensione per invalidità: 290 che, tra mille sacrifici, riescono a tirare avanti il nucleo familiare. Antonietta, la moglie, ex operaia tessile che ogni giorno corre tra spesa, bucato e commissioni, grida aiuto alle istituzioni: «non possiamo tirare avanti in questo modo – racconta la donna – abbiamo la necessità di una casa dove poter vivere dignitosamente».

Francesco, il figlio della coppia, soffre di epilessia e con l’allettamento forzato di Pietro la situazione è diventata difficile da reggere per i 3. Lui però ci prova, Francesco, a farsi strada in questo mondo nonostante le mille difficoltà quotidiane. Studia beni culturali all’università di Salerno, ha pubblicato una raccolta di poesie scritte mentre era ospite in una casa famiglia.

«Sono stato in una casa famiglia dai 16 ai 21 anni, poi non mi hanno più potuto tenere – racconta il ragazzo – lì riuscivo a studiare, avevo la mia stanza, e potevo scrivere le mie poesie. La situazione qui è difficile. Non ho una mia stanza, dormo in un armadio-letto, con la paura che possa cadermi addosso perché vecchio e consumato. Ho difficoltà a studiare, non do più un esame da un anno. Sono affezionato a questa casa, ma non si può andare avanti così».

(fonte: La Città)

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