Cava de' Tirreni: una tradizione "difesa" dalla fede

È da alcuni giorni che in maniera sistemata si può notare la diffusione, sui social, di foto/immagini di uomini e donne in costume d’epoca. Ma che cosa sono? Cosa vogliono rappresentare? Certamente un non abitante del posto potrebbe porsi di conseguenza questi due semplici interrogativi.

Cerchiamo di rispondere inquadrando il periodo storico cui fanno riferimento queste genti. Lo si deve con precisione ad un anno particolare che segna in modo catastrofico il destino degli abitanti di questa cittadina; l’a. D. 1656. In una più generale visione d’insieme, sappiamo che l’Europa era schiava della peste da decenni, forse da secoli, decimando popolazioni su popolazioni.

La città di Cava non venne risparmiata da questo indomabile flagello e in pochi mesi il focolaio bubbonico dimezzò di netto gli abitanti censiti, contando innumerevoli perdite. Per chi viveva quei drammatici momenti apparentemente sembrava semplice aggrapparsi all’ultimo barlume di speranza, ovvero la fede. Infatti, benché processioni, penitenze, astinenze seguirono e proseguirono la strada del miracolo, chi si ammalava o contraeva quel male difficilmente vi ci guariva con “cure mirate”. L’intervento divino era l’unico auspicio a cui vi si aggrappavano.

Un miracolo atteso ed invocato che si manifestò, epilogando difatti il morbo, dopo la benedizione dall’alto della città sulla sommità del colle di Sanct’Adjutore, “dimora eterna”da quel momento di nostro Signore Gesù Cristo. Si sa per certo che la visione arcaica delle cose e dei tempi danno importanza agli eventi perché da sempre ripetuti e su quest’assioma di fede si basa la (nostra) tradizione. Dal 1657 ad oggi (con quest’anno 360 edizioni dei Solenni festeggiamenti in onore del Santissimo Sacramento) Cava si abbiglia per l’epoca, tradizionalmente nell’ottava del Corpus Domini, rievocando un dogma di cristianità annoverando la tra le 66 città eucaristiche nel mondo.

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