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Il cenacolo storico di casa Scarsi: “Via Tasso n.59”; Giovanna Scarsi racconta la famiglia e la vita

Giovanna Scarsi, già Preside del Liceo Ginnasio “Torquato Tasso”, critico militante e saggista, ha recentemente dato alle stampe per la casa Editrice Studium-Roma il suo Via Tasso n.59. La musica, una famiglia, la via. L’autrice, con “Via Tasso n.59” ha  scelto la memorialistica biografica romanzata per consegnare alla sua città ed alla Letteratura la storia di una famiglia, la cui storia come poche altre è stata strettamente unita con le vicende storiche del meridione.

Dopo la prima presentazione del volume avvenuta lo scorso 26 novembre presso il Salone dei Marmi del Comune di Salerno alla presenza del Sindaco Vincenzo Napoli e sotto la moderazione del giornalista Andrea Manzi, l’autrice prima di presentare il volume in altre città d’Italia, ripresenta il suo libro in città stasera alle ore 18 alla Libreria Feltrinelli.

Con l’autrice discutono il prof. Luigi Reina (già Preside della Facoltà di Scienza della Formazione-Unisa), il prof. Giuseppe Acocella (Docente di  Filosofia del diritto-Università degli studi di Napoli “Federico II”-Napoli”) ed il Prof. Giuseppe Cacciatore (Docente di Storia della Filosofia-Università degli studi di Napoli “Federico II”). Modera l’incontro la giornalista Rai Vittoriana Abate. Letture di brani scelti a cura di Cinzia Ugatti.

Il libro

“Via Tasso. n.59. La musica. Una famiglia, la vita” è la storia di una famiglia, la famiglia Scarsi raccontata con gli occhi curiosi della giovane Vittoria (impersonificazione della giovane Giovanna) con la tecnica del flashback. Nel centro storico della città di Salerno scorrono gli avvenimenti della storia, dalla Belle Epoque al secondo conflitto mondiale, dalla ricostruzione post-bellica. Il racconto, costruito su un elegante stile saggistico e storico ed articolato in diverse parti, oscilla tra memorialistica e diaristica in un sapiente intreccio letterario.

Protagonista è la stessa famiglia Scarsi, da Zia Leonia, la cui bellezza e talento musicale l’avrebbero portata a calcare i teatri lirici se motivi familiari e professionali non l’avrebbero portata a rinunciare a Don Giacomo Scarsi che dal Piemonte trasferì la tradizione del concerto in casa. Questa tradizione, sapientemente arricchita nel corso degli anni con simposi e convegni letterari, avrebbe gettato le basi per la creatura più bella della stessa Giovanna Scarsi: L’Ente pluridecennale dei Martedì Letterari.

Parte integrante e centrale del volume è senza dubbio la seconda parte, in cui le vicende drammatiche e storiche delle lotte operarie con l’avanzata delle sinistre fanno da sfondo alla presentazione al lettore della fulgida figura del mito di Nicola Fiore. Fiore, prozio dell’autrice e fondatore del socialismo rivoluzionario si santsimoniana memoria, fu una figura fondamentale che diede lustro alla Camera del lavoro ed al Sindacato. Da sempre ostacolato e preso di mira dal Regime fascista, esso ne ordinò l’incarcerazione e la tortura. Fiore morirà di stenti e di tubercolosi nel 1934.

L’autrice racconta

Passare dalla saggistica alla memorialistica non è semplice, ma per Giovanna Scarsi, la cui carriera è da sempre una felice simbiosi tra impegno civile e studio letterario, il romanzo è venuto di getto.  “Il passaggio dalla saggistica alla narrativa memorialistica autobiografica è stato abbastanza difficile per chi come me proviene dall’esercizio professionale della critica.

Gli editori e gli amici studiosi mi sugerivano di dimenticare la letteratura e di lasciarmi andare ma io non ho fatto nè l’uno nè  l’altro. L’impegno critico di saggista ha agito come effetto di argine alle emozioni ed al pathos che ho cercato sempre di sorvegliare attraverso il filtro della discrezione e della misura (..).

Ad unificare i motivi della narrazione è la Memoria che solo sconfigge la morte attraverso il divenire dello Spirito che agisce intorno a noi”.

Il personaggio: Nicola Fiore

-Nacque a Marigliano, oggi in provincia di Napoli, il 6 sett. 1883 da Luigi e da Consiglia Quagliozzi. Sensibile ai problemi delle classi lavoratrici, nel 1900, dopo aver abbandonato gli studi, si iscrisse a Napoli al Partito socialista italiano.

L’attività politica del F. iniziò nella sezione giovanile, da poco istituita e di cui, per il suo estremismo, divenne uno dei più noti esponenti. A Napoli, ambiente aperto e disponibile al socialismo e con tracce evidenti della predicazione anarchica di M. Bakunin, la dottrina filosofica di G. Sorel aveva trovato molti e convinti assertori.

Attratto da queste idee, tra l’inizio del secolo e la prima guerra mondiale il F., promotore di diverse manifestazioni e autore di scritti caratterizzati da un acceso anticlericalismo e da toni fortemente antimilitaristi, fu sottoposto a numerosi procedimenti giudiziari (anche per vilipendio delle istituzioni), per i quali dovette scontare diversi mesi di carcere. Collaboratore di alcuni giornali socialisti, nel 1905 il F. divenne redattore del periodico Energia!, da lui stesso fondato, foglio che faceva dell’antimilitarismo la sua idea base.

Nel 1910, dopo aver aderito nel 1908 al gruppo sindacalista rivoluzionano, costituitosi a Napoli, il F. fu cooptato nella commissione esecutiva della Borsa del lavoro e, dopo qualche tempo, nominato redattore del periodico La Propaganda.

Nel dicembre del 1910 fu eletto segretario della Federazione meridionale delle organizzazioni proletarie, comprendente le leghe delle province pugliesi, del Salernitano, del Napoletano e di Terra di Lavoro. Nel 1911, nell’esercizio di tale incarico sindacale, partecipò a Bari ad un convegno e decise, insieme con i dirigenti sindacali pugliesi, in particolare con quelli della Capitanata e del Salento, di riorganizzare su nuove basi il movimento operaio nella regione.

Avversario dei blocchi popolari e democratici, che l’organismo confederale napoletano tendeva a sostenere, il F., collocatosi ormai sulle posizioni del socialismo massimalista, maturò il suo distacco dalla Borsa del lavoro e prese le distanze dalla stessa federazione socialista napoletana, sostenitrice di una soluzione di compromesso con gli organi del potere locale.

Dopo l’adesione alla corrente di sinistra del PSI, che si riuniva nel circolo socialista rivoluzionario, egli dette l’avvio ad una accesa polemica contro il socialismo moderato napoletano, attaccando l’organismo sindacale napoletano e il giornale La propaganda, accusati di revisionismo; per darle un rilievo nazionale, questa campagna fu condotta attraverso le colonne dell’organo del sindacalismo rivoluzionario italiano L’Internazionale di Parma diretto da A. De Ambris.

Trasferitosi a Salerno alla fine del 1913, il F., nel marzo dell’anno successivo, venne nominato segretario della locale Camera del lavoro. Nel frattempo partecipò ai moti della settimana rossa a Napoli e nella stessa città fu candidato dalla locale sezione socialista alle elezioni provinciali nel collegio di S. Lorenzo.

Allo scoppio della guerra mondiale, il F. aderì alle idee dell’interventismo rivoluzionario, che sostenne fino a quando non si rese conto che la speranza riposta negli effetti insurrezionali della guerra era un’illusione. Al congresso regionale campano del PSI, svoltosi a Napoli il 6 dic. 1914, come rappresentante della sezione di Salerno, nella quale la posizione maggioritaria era rigidamente neutralistica, dichiarò il proprio interventismo, pur votando il documento finale del convegno di opposizione al conflitto.

Negli anni della guerra, alla quale non prese parte perché invalido ad una gamba, collaborò a Il Popolo d’Italia di Mussolini, divenendone redattore dall’ottobre del 1917, e, dopo aver abbandonato il partito socialista, militò nella sezione napoletana dell’Unione socialista italiana (USI), un gruppo riformista-interventista con venature massoniche.

Uscito dall’USI nel 1918, dopo essersi reso conto che la linea politica di tale organizzazione contrastava con quelle che erano le sue idee internazionaliste, egli – pur senza rientrare nel PSI – ritornò a dirigere la Camera del lavoro di Salerno e fece riprendere le pubblicazioni del settimanale Il Lavoratore, giornale fondato nel 1905, che condusse su posizioni rivoluzionarie. Nelle elezioni politiche del novembre 1919 si presentò candidato in una lista socialista indipendente, ma non fu eletto.

Nella sua attività di organizzatore della classe operaia salernitana, il F., pur rivelando doti non comuni ed ingaggiando diverse battaglie per la emancipazione degli operai locali, in particolare dei tessili, assunse spesso comportamenti alquanto velleitari e tribunizi.

Il suo massimalismo, se conduceva a raggiungere obiettivi non secondari sul piano economico, diveniva alla lunga controproducente. Anche il tentativo di inquadrare all’interno di una strategia socialista il malcontento della classe dei tessili, per la quale aprì una lunga e difficile vertenza con gli imprenditori salernitani, non ebbe successo, anzi si concluse in una dura sconfitta per le organizzazioni operaie locali. A contribuire maggiormente al fallimento dell’azione rivendicativa fu principalmente, nel momento cruciale dello scontro, la sua assenza forzata.

Arrestato per “istigazione all’odio di classe” in occasione dell’agitazione nazionale dei ferrovieri e postelegrafonici del gennaio 1920, fu tenuto in carcere per tutto l’anno senza che gli venisse fatto il processo. La lunga detenzione del F. offrì il pretesto ai responsabili della Camera del lavoro, con l’avallo di un congresso provinciale socialista (maggio 1920), di sostituire il F. – accusato di non aver rispettato l’unità d’azione tra gli organismi locali e quelli nazionali – alla guida del sindacato salernitano.

Uscito dal carcere nel giugno 1921 ed iscrittosi al Partito comunista d’Italia, riprese sia l’attività pubblicistica, trasformando il suo vecchio settimanale in Il Lavoratore comunista, sia la direzione della Camera del lavoro, affidata ad un direttivo paritetico di socialisti e comunisti. Ma, nel corso dell’estate, il contrasto sempre latente tra le due componenti sfociò, ancora una volta, in una drammatica rottura che condusse il F. alle dimissioni.

Nell’ottobre 1922, durante un soggiorno a Napoli, fu aggredito e ferito dai fascisti. Continuò tuttavia la sua azione politica e nelle elezioni politiche dell’aprile 1924 si presentò candidato nella lista di Unità proletaria, formata da comunisti e terzinternazionalisti.

Nell’ottobre dello stesso anno fu tra i relatori del convegno comunista di Resina (Napoli), in cui emerse lo scontro tra A. Granisci e A. Bordiga.

Arrestato diverse volte per motivi politici durante gli anni della dittatura, in quanto sospettato di fare parte dell’organizzazione comunista, nel 1927 il F. fu confinato per 5 anni a Lipari.

Malato di tubercolosi, morì a Salerno il 15 maggio 1934. (Fonte: Treccani).

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