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Cetara, il borgo dei pescatori

CETARA. Cetara è sempre stata un paese di pescatori, ed infatti il suo nome deriva da Cetaria. o tonnara o da “cetari”, venditori di pesci grossi, i tonni appunto.
Raggiungere il comune di Cetara non è difficile. Basta superare e frazioni di Vietri sul Mare, Raito ed Albori,e la statale amalfitana ci porta nella conca in cui sorge il paese, incastonato tra il mare della Divina ed il Monte Falerio, in parte verdeggiante e rigoglioso di agrumi ed in parte rado e selvaggio.
Ultimo possedimento e confine dell’antico Ducato e diocesi amalfitana della banda orientale della costiera, fu roccaforte dei Saraceni nell’ 842 e nell’ 879 al tempo dell’assedio di Salerno.
Fin dal 1030 Cetara fu debitrice al vescovo di Amalfi, dal quale dipendeva, dello “ius piscariae,” la decima della pesca. Nel 1120 il borgo passò sotto la dominazione politica di Amalfi e fu poi soggetta, con i normanni, all’abbazia benedettina di S. Maria di Erchie ed infine passò alle dipendenze dell’abbazia di Cava. L’abbazia aveva collegamenti marittimi con i monasteri benedettini e traffici di pellegrini e merci in Africa. Pietro Pappacarbone, terzo abate di Cava e nipote di S. Alferio, fondatore della badia cavense, ebbe in donazione da Ruggero il porto dil Vietri nel 1086 da Guglielmo quelli di Fonti nel 1117 e di Cetara nel 1120. Più tardi, nel 1124, I’abate Simeone comprò il porto detto del Traverso presso Punta Licosa per 15 soldi di tari salernitani, e il cenobio acquistò altri cinque porti o cale sulle spiagge cilentane i porti davano un reddito di diritti marittimi al monastero, in virtù della tassa di ancoraggio, che era variabile a seconda dell’appartenenza della nave a gaetani, sorrentini, calabresi e siciliani, oppure genovesi, pisani o romani. Nel 1534 i turchi, forti di 22 galee e capeggiati dal tremendo rinnegato Sinan pascià, fecero schiava gran parte della popolazione “menò seco 300 abitanti in ischiavitù e tutti coloro che si mostrarono renitenti all’imbarco furono senza pietà sgozzati per mano di quei barbari” , mentre gran parte dei superstiti trovò scampo a Napoli.
Ed è appunto per difendersi da simili attacchi che venne costruita la Torre vicireale.
Tradizione antica, che si è prolungata nel tempo, è quella della partenza dei pescatori per l’Algeria e il Marocco nei mesi di marzo ed aprile, per dedicarsi alla pesca delle acciughe, e conservare come acciughe sotto sale, per ritornare in autunno dopo aver rifornito i mercati di Messina, Genova e Livorno.
La terra di Cetara, vedesi situata in un`angusta, ma lunga vallata, anticamente murata dalla parte del mare, e cinta dalle imminenti balze dell’elevato monte Falerzio, tutto vestito di boschi e di vigne. Ella giace esposta ad oriente, con piccola marina e ruscello (Cetara, dal popolo chiamato Cannillo piccolo corso d’acqua)…Negli antichi tempi molto esteso n’era il territorio cetarese; confinante all’acqua delle Fischetole; e verso Erchie comprendeva gli eccelsi monti di Carbonara, Falerzio, Sett’albori, Ferolito, Capo-d’acqua, Valle maggiore ecc. Altra porzione del suo tenimento possedevasi dalla Cava, ma nello spirituale sottostava alla, giurisdizione del metropolitano di Amalfi.
Villaggio dipendente di Vietri, fu distaccato ed elevato a Comune con real decreto del 15 novembre 1833.

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