Cronaca

“Di lavoro non si può morire”: Filt Cgil chiede sicurezza per lavoratori del Porto

Gerardo Arpino, segretario generale della Filt (Federazione Italiana Lavoratori Trasporti) Cgil di Salerno e Vincenzo D’Agostino (Rsa Filt Cgil Salerno) chiedono sicurezza per i lavoratori del porto.

Investire in sicurezza e valorizzare le risorse umane significa creare valore aggiunto in termini di produttività, sviluppando nel contempo partecipazione, senso di appartenenza e più in generale lavoro sicuro, in tutti i sensi”.

“Il nostro intento – continuano nella loro nota– è quello di richiamare all’attenzione gli Enti preposti su tutti quei fattori che comportano un’altissima esposizione al rischio di infortunio per i lavoratori che operano all’interno delle aree portuali, chiedendo, per l’ennesima volta, l’attivazione di una urgente attività ispettiva, volta a scongiurare il rischio di incidenti che, data la peculiarità dell’attività portuale hanno avuto anche conseguenze estreme”.

Negli ultimi anni si sono verificati gravi incidenti sul lavoro, spesso con tragiche conseguenze.

Secondo Arpino e D’Agostino bisogna realizzare un sistema logico-portuale che garantisca un lavoro sicuro nel territorio.

I problemi da risolvere sono tanti, tra i quali:

le condizioni (spesso precarie) dei mezzi operativi in dotazione alle imprese portuali;
le condizioni delle aree di stoccaggio (spesso compromesse da dislivelli, sconnessioni e buche);
il funzionamento (inadeguato) dell’impianto di illuminazione portuale (torri faro);
gli ostacoli (spesso merce in sosta) allo scorrimento della viabilità interna al Porto;
le prescrizioni previste in caso di “emergenza vento” e la loro attuazione.

“Sono questi – continua la nota – alcuni dei fattori che, se non regolati (o deregolamentati) rendono e possono rendere oltremodo pericoloso lo svolgimento delle operazioni portuali. La sicurezza sul lavoro non deve essere vissuta come un costo ma come un investimento costante per la tutela e la valorizzazione dei lavoratori”.

“Bisogna arrestare questa emorragia – conclude la nota – perché di lavoro non si può morire”.

 

 

 

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