Cronaca

Espulsi dalla palestra, insultano su Facebook il titolare, condannati due fratelli salernitani

Insultano su Facebook titolare di una palestra dopo essere stati espulsi, condannati due fratelli salernitani. Si tratta del 39enne V.C. e del 27enne R.C., condannati ieri a sei mesi di reclusione (con sospensione condizionale della pena) per diffamazione nei confronti del titolare della palestra montebellunese “Dolce Vita”.

Erano stati espulsi dalla palestra

Pesantissimi i commenti che i due hanno postato sui loro profili Facebook, una sorta di vendetta virtuale per il fatto di essere stati espulsi dalla palestra.

La decisione di allontanarli sarebbe stata presa nel 2014 dalla direzione della “Dolce Vita” a causa del comportamento dei due fratelli, che si sarebbero resi protagonisti di comportamenti da bulli con altri iscritti, in particolare prendendo di mira persone sovrappeso, o troppo magre.

Alcuni dei frequentanti al palestra sarebbero invece stati bullizzati a causa del loro credo religioso.

Diffamazione su Facebook

I due salernitani non hanno però digerito l’espulsione. Così nel luglio del 2014 avrebbero avviato una vera e propria campagna diffamatoria in particolare nei confronti del proprietario del centro fitness. “Ma gli istruttori che lavorano in quella palestra avevano tutti il brevetto e regolare contratto? Brutto con le orecchie a sventola, con una moglie che puoi facilmente trovare ubriaca a piedi nudi sui tavoli delle disco…”

Sono solo alcune delle frasi immortalate nel profilo Facebook del 27enne, mentre il fratello più anziano scrisse: “Ok topo gigio della palestra “Dolce M…” mi hai rimborsato i soldi dell’abbonamento ma i patti erano altri, avevo chiesto la fattura…lavati la bocca cornuto, cambia taglio di capelli che sembri un topo, saluti a te e al tuo amico obeso. Pensa a parlare di meno e a limarti le corna”.

La denuncia

Insulti che, insieme ad altre ingiurie postate sulla pagina social della stessa palestra hanno spinto il titolare a sporgere querela per diffamazione. Il legale dei due, l’avvocato Pio Romano, aveva chiesto l’assoluzione dato che non era stato identificato l’indirizzo Ip da cui sarebbero erano quei commenti.

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio