Cronaca

Fatture false in cambio dell’8% dell’importo e assunzioni per truffare Inps: dettagli e nomi

NOCERA INFERIORE. False assunzioni e fatture farlocche per operazioni inesistenti, un enorme giro di soldi per truffare Agenzia delle Entrate ed Inps. Nella rete dei carabinieri e della procura di Nocera sono cadute una trentina di aziende che utilizzavano la falsa documentazione fiscale per frodare al Fisco l’imposta sul valore aggiunta e le tasse da pagare sui redditi.

Ieri mattina, è stata eseguita un’ordinanza del Gip del tribunale di Nocera Inferiore che ha notificato sei ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari a carico di due commercialisti e quattro tra imprenditori e faccendieri. L’indagine è del sostituto procuratore Roberto Lenza che si è avvalso dei carabinieri della sezione di polizia giudiziaria, agli ordini del luogotenente Alberto Mancusi, da anni impegnati nelle truffe all’Inps e nel recupero dell’Iva e dei redditi da dichiarare al fisco. Le indagini hanno consentito di

  • accertare l’esistenza di un sodalizio criminale composto da commercialisti ed imprenditori/faccendieri che, attraverso false assunzioni nonché la costituzione di società fittizie che emettevano documentazioni contabili per prestazioni mai eseguite, consentiva ad imprenditori compiacenti di beneficiare, dietro il pagamento di una provvigione percentuale, di indebite erogazioni previdenziali da parte dell’INPS e di crediti di imposta da parte dell’Agenzia delle Entrate;
  • individuare la base operativa del sodalizio, tracciandone l’organigramma e individuando il ruolo ricoperto da ciascuno dei sodali legati tra loro dal vincolo associativo;
  • comprovare l’avvenuta indebita percezione di indennità previdenziali per complessivi 2 milioni di Euro circa;
  • documentare l’emissione di fatture per prestazioni inesistenti che poi consentivano ai portatori di beneficiare di crediti di imposta, per un ammontare complessivo pari a circa 20 milioni di euro.

I numeri

Gli indagati sono 60 indagati, di cui sei sono finiti agli arresti domiciliari, 45 i destinatari delle misure cautelari reali di sequestro preventivo per equivalente, aventi ad oggetto conti correnti, beni immobili e titoli di credito per complessivi 7 milioni di euro.

Gli arrestati

I due commercialisti di Sant’Antonio Abate, il 45enne Domenico Desiderio e il 53enne Arcangelo Battimelli, il ventottenne scafatese Aurelio Salerno (imprenditore e commerciante), il 55enne Sabato Abagnale (ritenuto un faccendiere) di Angri, altri due di Sant’Antonio Abate Ottavio e Vincenzo Carusti, il primo di 49 anni e il secondo di 26 anni.

Le accuse

Sott’inchiesta sono finiti commercialisti, imprenditori, faccendieri e prestanomi dell’Agro nocerino, della provincia di Napoli, di Cesena, di Brescello e Cadelbosco di Sopra (Reggio Emilia), Latina.

Indagati per associazione per delinquere sono i sei arrestati, tutti considerati promotori ed organizzatori del sodalizio criminoso. Secondo le indagini, i sei si sarebbero associati per commettere una pluralità di truffe aggravate in danno dell’Inps attraverso la creazione di ditte solo in apparenza operativa e la conseguente costituzione di fittizi rapporti di lavoro subordinato alle dipendenze delle stesse aziende per ottenere dell’ente pubblico erogazioni previdenziali e assistenziali. I sei poi avrebbero commesso diverse violazioni di natura tributaria, con l’emissione e l’utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti.

I due commercialisti, insieme a Salerno, Abagnale e agli altri due, utilizzando altre persone tra i 60 indagati, costituivano aziende solo formalmente operanti nel settore terziario, denunciavano all’Inps l’assunzione di numerosi dipendenti così simulando i rapporti di lavoro, ed emettevano e utilizzavano fatture relative ad operazioni commerciali inesistenti nei confronti di varie ditte della Agro nocerino e non solo.

Le false assunzioni

Per dare un’idea di quello che accadeva, solo in un caso una delle società la società solo apparentemente operativa avrebbe fittiziamente assunto 52 lavoratori per l’anno 2014-2015 per un numero di giornate sufficiente a far avere indennità di disoccupazione, malattia e maternità vicolo frodando complessivamente oltre 76mila euro. E così avrebbero fatto con altre società. In totale
circa 600 sono i falsi operai che condividevano al 50% con gli indagati principali (commercialisti e imprenditori/commercianti) le indennità che l’Inps erogava in loro favore.

Non poteva certamente mancare, per finalizzare la truffa, la collaborazione di un servizio pubblico, ossia di quella funzionaria di Poste Italiane addetta alla gestione dei rapporti con aziende, che procedeva alacremente all’apertura dei conti correnti intestati alle ditte e lavoratori, rilasciando però sempre e solo alla presunta gang di carnet di assegni e carte di credito (postepay) intestate “formalmente” ai lavoratori, sulle quale l’Inps regolarmente accreditava le prestazioni assistenziali/previdenziali.

Le truffe dell’Iva

Le indagini ha portato alla scoperta un giro di false fatturazioni utilizzate da società realmente esistenti, per inserire all’interno della dichiarazione dei redditi, fatture per operazioni inesistenti al fine di diminuire sia le tasse sia la dichiarazione Iva. Le aziende utilizzatrici delle “false” fatturazioni erano dell’Agro nocerino (molte di Pagani), di Salerno, dell’Emilia Romagna, Lombardia, Latina, Torino di Castellammare di Stabia e Nola.

Sistema prevedeva la creazione di finte società che davano lavoro a dipendenti mai assunti in realtà per frodare all’Inps le indennità per maternità, disoccupazione e malattia. Al fine di massimizzare il profitto e sopperire agli esborsi per i contributi previdenziali dovuti a seguito della costituzione dei finti rapporti lavorativi, le società create dalla gang emettevano fatture reciproche per operazioni imponibili Iva in realtà inesistenti, maturando quindi verso l’Agenzia delle Entrate il diritto al rimborso di tale imposta, con il quale avrebbero creato un fondo destinato a sostenere, il meccanismo della compensazione, il conto tasse e contributi.

In pratica le società cartiere create e gestite da Ottavio Carusti e dei due commercialisti avevano la duplice funzione di assumere lavoratore in modo fittizio ma anche di emettere fatture per operazioni inesistenti ma imponibili, così da maturare il diritto al credito di Iva, si portavano a compensazione dei debiti per tasse e contributi previdenziali. In tal modo si crea un duplice danno economico sia all’Agenzia delle Entrate sia all’Inps con corrispondente vantaggio per la gang e i lavoratori che si ripartivano i proventi delle truffe

Da un determinato periodo in poi, le società cartiere create dall’associazione per delinquere non servivano solo per utilizzare le fatture per operazioni inesistenti per costituire falsi costi per le proprie società ma la gang avrebbe ben pensato di emettere fatture in favore di aziende realmente esistenti anche a fine di far conseguire a queste ditte un indebito credito di Iva da portare in compensazione con altri debiti erariali così da ridurre la pressione fiscale complessiva.

Queste aziende esistenti e “serie” si sarebbero giovate della complicità di un membro del gruppo diventato noto nel commercio della zona proprio per le emissioni di fatture false in cambio del pagamento dell’8% dell’importo della fattura emessa.

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