L’innalzamento del livello del mare modificherà la morfologia delle coste italiane nel corso dei prossimi 80 anni. Mostrando una mappa d’Italia nel 2100 molto diversa da quella odierna. Recenti studi prevedono che fino a 5500 chilometri quadrati di pianure costiere potrebbero finire sott’acqua, rivelando un’Italia di fine secolo molto diversa da quella che conosciamo.
Il livello medio del mare è cresciuto di circa 15 cm dal diciottesimo secolo ad oggi e la maggior parte di questo cambiamento si è registrato a partire dalla metà del ventesimo secolo. Il recente report sui cambiamenti climatici globali ha messo in luce i rischi indotti dall’innalzamento del livello del mare su scala mondiale.
Anche limitando in modo sensibile le emissioni di gas responsabili del riscaldamento globale si prevede un incremento del livello marino di 0.5 m nel corso del ventunesimo secolo, che potrebbe salire a un metro o più se nessuna azione drastica sarà intrapresa dai governi. Oltre un miliardo di persone che vivono vicino alle coste sarebbero costrette ad abbandonare la propria casa divenendo a tutti gli effetti migranti climatici.
Invece è necessario agire e, a partire da oggi, correre ai ripari di una situazione in rapida evoluzione. Questo è il messaggio del recentissimo lavoro pubblicato da Fabrizio Antonioli (direttore di ricerca al Laboratorio Modellistica Climatica e Impatti dell’Enea) e collaboratori sulla rivista Quaternary Science Reviews e rilanciato a Gennaio da National Geographic Italia.
Ne è risultato che l’innalzamento massimo calcolato per l’anno 2100 è di circa 101 cm sopra l’attuale livello del mare per il Nord Adriatico, 96 cm per il golfo di Cagliari, 95 cm per Oristano e 92 cm per il Golfo di Taranto. Tra le diverse aree studiate, quella del Nord Adriatico appare come la più incline a subire gli effetti delle inondazioni marine. Poco al di sotto di Venezia, la linea di costa retrocederebbe di 30 chilometri. L’area tra Trieste e Venezia è tra quelle più vulnerabili.
Una vasta porzione delle aree soggette ad allagamenti si trova già oggi al di sotto del livello medio del mare e il drenaggio è garantito da un complesso sistema di stazioni di pompaggio dell’acqua sommerse, distribuite lungo tutta l’area costiera e lagunare e in grado di muovere oltre due milioni di litri d’acqua al secondo.
L’indicazione ottenuta da questo studio è chiara. Anche se dovesse essere raggiunto l’obiettivo di ridurre significativamente le emissioni, come previsto dalla conferenza di Parigi del 2015, il livello dovrebbe ugualmente salire a un tasso lievemente più basso, tra i 28 e i 60 centimetri. Anche nello scenario più ottimistico dunque, l’incremento del livello del mare supererà il mezzo metro e avrà un serio impatto sulle coste. Con l’aggiuntiva incertezza di come risponderanno i diversi sistemi costieri al cambiamento climatico, in termini di produzione e accumulo di materiale sedimentario, potenzialmente aumentando l’intensità degli effetti sulle coste.
L’accordo di Parigi
L’accordo di Parigi, avendo come obiettivo quello di eliminare gradualmente le emissioni di gas a effetto serra, ha rappresentato una vera e propria svolta avvenuta dopo oltre due decenni di negoziati. Allo stesso tempo la scienza ci sta avvisando che molte dinamiche sono oramai inarrestabili e che, per alcune di esse, siamo arrivati al punto di non ritorno. In questi casi sarà necessario adattarsi ai cambiamenti favorendo un atteggiamento resiliente guidato dalle proiezioni scientifiche.
La mappa di Jay Simons
Jay Simons, disegnatore di mappe come si vede dal suo