«Mio figlio rischia di morire nelle Filippine e non può venire in Italia a curarsi»

SERRAMEZZANA. «Mio figlio rischia un arresto cardiaco nelle Filippine, ma non può venire in Italia a curarsi». È l’urlo di dolore di un padre che da due mesi lotta per portare il figlio, di otto mesi, sul territorio italiano e consentirgli così le cure di cui avrebbe bisogno. Al bambino è stata diagnosticata una particolare forma di cardiopatia e necessita di un intervento chirurgico urgente. Il padre è Renato Maffia, 51 anni, originario di Serramezzana, paesino di circa 350 anime nel cuore del Cilento.

La storia

Ricercatore della Cosmopolitan University, Maffia è stato per qualche anno a Manila, capitale delle Filippine, come responsabile di un laboratorio di ricerca. Lì aveva conosciuto Annalisa Natad, 40enne filippina, con cui era nata una relazione. Otto mesi fa, la coppia aveva avuto un figlio, chiamato Emilio come il padre del ricercatore cilentano. Un rapporto reso difficile dalla distanza, ma colmato dall’amore dei genitori, con il bambino che non ha mai varcato i confini italiani, restando sempre a Manila. L’8 dicembre scorso, la notizia che ha scosso la famiglia. Al bambino viene diagnostica una cardiopatia causata da una stenosi ventricolare, che determina una ipertrofia del ventricolo sinistro. I medici consigliano un intervento chirurgico urgente ed il padre del piccolo prende contatto con l’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma. Programmato l’intervento, Maffia inizia la pratica burocratica per portare il bambino, insieme alla madre, in Italia.

Il calvario nelle Filippine

Da quel momento comincia il calvario. Il padre si reca nelle Filippine, a Manila, per chiedere il passaporto ed ottenere il visto in tempi brevi. Le autorità…



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