Mobbing, รจ giustificato il risarcimento nei confronti delle vittime
Chi credeva che il mobbing non fosse piรน un tema dโattualitร a livello giurisprudenziale per la Cassazione, si sbagliava di grosso.
Perchรฉ la sezione lavoro della Suprema Corte, con la sentenza 30606 pubblicata il 20 dicembre, ha ribadito alcuni principi fondamentali per la configurabilitร e sanzionabilitร delle condotte vessatorie da parte dei datori che Giovanni D’Agata, presidente dello โSportello dei Dirittiโ, nella battaglia che lโassociazione conduce in materia, ritiene utile riportare allโattenzione.
In particolare, รจ mobbing lโesercizio abusivo del potere disciplinare e lโemarginazione allo scopo di estromettere il dipendente.
Allo stesso tempo, per gli ermellini, anche i comportamenti di carattere vessatorio con intento persecutorio posti in essere dallโazienda o da altri dipendenti sono utili a configurare la fattispecie.
Nel caso affrontato dal collegio di legittimitร , รจ stato rigettato il ricorso di una societร nei confronti di un proprio dipendente.
Il motivo, o meglio il โpretestoโ che aveva causato lโillegittima reazione aziendale era costituito dalla circostanza che lโuomo si era rivolto al sindacato per far tutelare i propri interessi.
Da quel momento era stato emarginato, spostato di reparto e oggetto di una serie di contestazioni disciplinari pretestuose che avevano fatto ammalare il lavoratore e lo avevano indotto a rassegnare le dimissioni.
Il tribunale di Trento, aveva riconosciuto nel comportamento dellโazienda unโipotesi di mobbing e lโha condannata al risarcimento del danno. Decisione che era stata ritenuta corretta anche dalla Corte dโAppello.
In particolare la corte di merito aveva affermato che era stato dimostrato il motivo che aveva causato la reazione ed il conseguente inizio di cambiamento e di atteggiamento da parte della societร .
Inoltre, era stato dimostrato un abusivo esercizio del potere disciplinare da parte della societร nonchรฉ l’intento persecutorio che avrebbe indotto il lavoratore a rassegnare le dimissioni.
Tutte circostanze che avrebbero causato una lesione alla salute e quindi la sussistenza di danni biologici oltre a quelli patrimoniali relativamente allโindennitร sostitutiva del preavviso.
La Cassazione, nel respingere il ricorso, ha affermato che: “La Corte territoriale si รจ attenuta, infatti, nell’esame della fattispecie, ai parametri normativi elaborati in tema di “mobbing” dalla giurisprudenza di legittimitร (Cass. 17.2.2009 n. e da ultimo ribadita da Cass. 6.8.2014 n. 17698) secondo cui ‘ai fini della configurabilitร del mobbing lavorativo devono ricorrere:
- una serie di comportamenti di carattere persecutorio โilleciti o anche leciti se considerati singolarmente – che, con intento vessatorio, siano posti in essere contro la vittima in, modo miratamente sistematico e prolungato nel tempo, direttamente da parte del datore di lavoro o di un suo preposto o anche da parte di altri dipendenti, sottoposti al potere direttivo dei primi;
- l’evento lesivo della salute, della personalitร o della dignitร del dipendente;
- il nesso eziologico tra le descritte condotte e il pregiudizio subito dalla vittima nella propria integritร psico-fisica e/o nella propria dignitร ;
- l’elemento soggettivo, ‘cioรจ lโintento persecutorio unificante di tutti i componenti lesivi.
In ‘tema di onere della prova, poi, la Corte di merito si รจ adeguata, facendone corretta applicazione, al criterio in virtรน del quale incombe al lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell’attivitร lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocivitร dell’ambiente di lavoro, nonchรฉ il nesso tra l’uno e l’altro, mentre se vi sia stata prova di tali circostanze sussiste per il datore di lavoro l’onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia dei dipendente non sia ricollegabile alla inosservanza di tali obblighi (Cass. 29.1.2013 n, 2038; Cass. 17.2.2009 n. 3786).”.
Nel caso concreto, infatti, la Corte dโappello ha individuato il motivo che aveva causato la reazione di parte datoriale, ha analizzato oggettivamente gli episodi con riguardo alla emarginazione del dipendente e all’abusivo esercizio del potere disciplinare, valutando nello specifico i singoli provvedimenti e ha, infine, ritenuto provati l’elemento psicologico, il nesso causale e i danni patiti.