Cronaca

Monsignor Nunzio Scarano condannato a tre anni per corruzione

Monsignor Nunzio Scarano è stato condannato a tre anni di reclusione per il reato di corruzione dalla terza Corte d’appello di Roma.

Tentò di far rientrare dalla Svizzera 20 milioni di euro: per Monsignor Scarano arriva una condanna di tre anni

La terza Corte d’appello di Roma ha condannato a tre anni di reclusione monsignor Nunzio Scarano, sotto processo per il tentativo di far rientrare dalla Svizzera con un jet privato circa 20 milioni di euro. Ripristinata anche ‘‘l’imputazione di corruzione, oltre a quella di calunnia”. Nell’ambito della stessa vicenda, i giudici hanno invece confermato la condanna a un anno e otto mesi di reclusione pronunciata in primo grado per l’ex agente dell’Aisi, Giovanni Maria Zito e per il broker Giovanni Carenzio.

Il caso Scarano fu una delle prime operazioni di pulizia messa in campo nel settore finanziario da Francesco dopo l’elezione. Già contabile dell’Apsa (Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica) il monsignore finì in carcere nel giugno 2013. Secondo l’accusa, avrebbe versato 400 mila euro all’ex 007 Zito per l’operazione di rientro del denaro, poi naufragata. L’indagine fu avviata nel 2012 dopo l’ascolto di alcune telefonate intercettate tra lo stesso Scarano e Carenzio. Il trasferimento di denaro sarebbe stato pianificato nei minimi dettagli, al punto che Zito – sempre secondo l’accusa – si recò a Lugano e predispose il viaggio di ritorno con un aereo privato; ma alla fine l’operazione andò a monte. All’esito del rito abbreviato, il 27 giugno 2016, Zito e Carenzio furono condannati a un anno e otto mesi di reclusione per l’accusa di corruzione; sentenza oggi confermata in appello. Scarano, invece, optò per il rito ordinario.

Nei suoi confronti, il tribunale di Roma il 18 giugno 2016, pronunciò una sentenza di condanna a due anni per calunnia, con l’assoluzione per la corruzione. Oggi i giudici d’appello lo hanno ritenuto colpevole anche del reato di corruzione e, ritenuta la continuazione con l’imputazione di calunnia, non concedendo le attenuanti generiche, lo hanno condannato a tre anni di reclusione.


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