L'oscuro

Montenero di Campagna, tra diavoli e briganti

Salendo su per i Monti Picentini, dalla frazione di Avigliano di Campagna, dopo aver attraversato la valle del Trigento ed oltrepassato l’ affascinante convento medievale della Madonna di Avigliano, si arriva quasi in cima ad una rupe dalla caratteristica forma di conchiglia semichiusa, che ospita nel suo seno un antico eremo abbandonato.
Siamo ad oltre mille metri di altitudine, nella località meglio nota come “Montenero”.
La zona, nonostante silenziosa e disabitata da secoli, riecheggia di un’antica leggenda. Pare infatti che quella inaccessibile altura era la dimora del demonio.
Nel lontano Maggio di mille anni fa tuttavia, San Michele Arcangelo si recò sulla rupe, nelle vesti di un semplice pastore. Lì, una volta appurata la presenza del diavolo, prese quattro pietre e le dispose a terra in forma di croce. A quel punto l’Arcangelo, noto nei sacri testi per essere colui che cerca e sfida il diavolo, si rivelò, destando il terrore in Satana: il demonio fuggì via urlando, emettendo grida strazianti che riecheggiarono per tutta la valle, mentre San Michele lo inseguiva a spada tratta.
Dopo un’intera notte di combattimento tra i due, il diavolo abbandonò il Montenero, ritornando negli abissi infernali.
Qualche giorno dopo, l’Arcangelo fu visto all’ingresso della grotta da un pastore che si trovava a passare in quelle zone, attirato dal muggire di un toro. Il pastore raccontò alle autorità ecclesiastiche locali di aver visto “un giovane dagli abiti splendenti, che ammansiva il toro con dei semplici movimenti delle mani”. Da allora quella grotta, scavata in una roccia scoscesa e piena di dirupi, acquistò una tale importanza da far decidere al Cimiliarca di Puglietta una dimora stabile per tre eremiti, sotto forma di cenobio, per il culto di S. Michele Arcangelo. La notizia dell’apparizione di S. Michele si sparse dovunque e quella grotta divenne ben presto meta di frequenti pellegrinaggi, interrotti solo da gravi guerre o carestie.
A partire dalla seconda metà del X secolo, si moltiplicarono le visioni di San Michele sul Montenero, ma anche su molte alture dei Monti Picentini nei pressi di Campagna. Molti furono coloro che si spogliarono dei beni terreni e si dedicarono completamente all’ascesi e alla solitudine sulle montagne. Gli eremi, dedicati all’Arcangelo ma non solo, crebbero in numero in tutta l’epoca medievale, sia sui Picentini salernitani, sia sugli Alburni. Nel 1257 nell’Eremo fu costruita anche la Chiesetta. Ogni Maggio si celebrava la festa di San Michele Arcangelo, e il clima di ritiro e penitenza era così forte e sentito che durante la visita dei pellegrini c’era un eremita che aveva il compito di frustare i pellegrini, affinchè il dolore li purificasse dai peccati.
La Chiesetta e l’Eremo continuarono a crescere di importanza per tutti i secoli a venire, rimanendo fino ai primi del novecento, tra i principali e più sentiti luoghi di culto di Campagna e territori limitrofi.
Ma Montenero nasconde ancora altri segreti, tra cui una storia terribile che ha avuto per protagonisti i briganti. Pare che ne pressi delle grotte dell’Eremo sia stato derubato ed ucciso dai briganti un viandante, e che le modalità dell’omicidio furono piuttosto barbare e plateali: i briganti appesero il corpo martoriato del pover’uomo a testa in giù all’interno della grotta, lasciandolo così a morire lentamente.
Intorno a questo episodio, la fantasia popolare ha fatto nascere molte storie, tra cui quella di un ipotetico tesoro dei briganti: secondo una di queste leggende, per avere accesso al tesoro bisognerebbe prima placare lo spirito del viandante, sacrificando la vita innocente di un bambino in suo nome…

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