Curiosità

I monti Alburni e la leggenda dei Titani

Secondo una leggenda popolare sui Monti degli Alburni trovarono rifugio i Titani. La mitologia greca ci racconta della Titanomachia, quando i Titani si scontarono con Zeus e i suoi fratelli.



La storia dei Titani

I Titani erano contrari al nuovo dominio di Zeus, ne nacque una guerra che durò dieci anni, detta Titanomachia. I Ciclopi si allearono con Zeus e fabbricarono per lui la folgore, per Ade l’elmo che rende invisibili, per Poseidone il tridente. La guerra divenne accanita e violenta. Alla fine, Zeus colpì Crono con la folgore e i Titani ribelli furono sconfitti. Zeus li punì duramente gettandoli nel Tartaro. Secondo la leggenda i Monti Alburni sono i Titani sconfitti da Poseidone e da questo pietrificati.

Hanno una forma molto singolare che visti dalla Valle del Sele pare quasi di vedere il viso del Titano addormentato rivolto verso il mar Tirreno. Diventa tutto più mistico quando si ricorda che i Lucani sconfissero i Greci i quali si erano insediati lungo la costa tirrenica.

La statua di Sant’Angelo a Fasanella

Nel comune di Sant’Angelo a Fasanella è stata ritrovata una statua, risalente al IV ed il II sec. a.C. raffigurante la divinità pagana Antece. Era una divinità molto venerata che abitava sul monte Alburno. Aveva il compito di sostenere i lucani nei periodi difficili e inquieti.



L’Antece era la divinità dell’Alburno, tutti quelli che si recavano in Lucania erano obbligati a salirvi per adorarla. Venivano chieste profezie e ovviamente veniva ricambiato con oggetti di ringraziamento, rito propiziatorio, sacrificati animali e forse anche umani. Oggi la statua è patrimonio dell’Unesco.



I Monti Alburni

I Monti Alburni sono un complesso di bianche rocce calcaree di natura dolomitica, le origine risalgono al mesozoico, gli alburni si estendono per 23 km di lunghezza e 10 km di larghezza. Composti da numerose conche, torri, inghiottitoi, gallerie e grotte tra cui troviamo le Grotte di Castelcivita, le Grotte di Pertosa, le Grotta di Fra’ Gentile, la Grava del Fumo, la Grotta dell’Auso a Sant’Angelo a Fasanella.



Gli Alburni sono composti da vari monti:

  • Monte Cervati 1900
  • il Monte della Nuda 1704 m
  • il Monte Urto 1661 m
  • gli Scanni 1413
  • il Figliolo 1364 m
  • il Monte Spina dell’Ausino 1441 m
  • il Colle Medoro 1482 m
  • il Monte Pizzuto 1403 m
  • il Monte Timpone Petrosa 1139 m
  • il Monte Forloso 1102 m

Il Monte Panormo, 1742 m, da cui, in presenza di cielo sereno, è possibile vedere la Costiera Amalfitana e Capri. Il nome potrebbe derivare anche da Panormus l’antica Palermo per i Romani.

Ercole Canale nel testo “Peregrinazioni storiche nel territorio dei Lucani“ del 1888 racconta:

“Gli Alburni danno l’idea delle nostre Alpi, la natura vi ha collocato tutte le meraviglie di quei maestosi monti. Nevi eterne e rilucenti ghiacciai dormienti, tra le rupi, crepacci spaventevoli, insidiose cascate biancheggianti di spuma, grotte inestricabili, torrenti che ingolfansi sabbiosi, orrori scenici, bellezze senza numero e senza fine”.

I Monti Alburni rifugio per Virgilio

I Monti degli Alburni erano rifugio per il poeta Virgilio, pare che proprio su questi monti trovò l’ispirazione per la stesura delle Bucoliche e delle Georgiche.

Nelle Georgiche racconta la lotta del dominio fra romani e greci, parla del Tafano che volando in sciami lungo le pendici dell’Alburno e i boschi del Sele, punge e infastidisce le mandrie che scappando.




“Tra i boschi del Sele e i querceti fitti dell’Alburno vive in grandi sciami un insetto, che in romano ha nome assillo e i Greci chiamano estro; aggressivo, col suo fastidioso ronzio atterrisce e disperde in fuga nelle selve intere mandrie di animali; un frastuono di muggiti flagella l’aria, le foreste e le rive del Tànagro in secca.”

Un tempo per trasportare pesanti carichi si sfruttava la corrente dell’acqua. Ancora oggi per trasportare la legna si sfrutta il fiume come il Nilo o il Rio Delle Amazzoni. Anche il Sele fungeva da mezzo, tanto che esisteva un porto chiamato Porto degli Alburni. Il fiume Sele veniva sfruttato per il trasporto del legnale dai monti degli Alburni al Tirreno. Alla foce c’era un fiorente scambio denominato Mercatellum, era possibile acquistare dell’ottimo legno degli Alburni.



Greci e Romani sugli Alburni

I Greci prima e i Romani poi seppero sfruttare le numerose ricchezze che la piana del Sele offriva. I Romani costruirono strade e approdi fluviali fra cui il Porto degli Alburni che restò attiva fino al Medioevo. Il porto era un importante punto di scalo, sfruttato non solo per lo scambio di merci ma usato anche per l’arrivo e le partenze dei viaggiatori.



Dal porto partivano imbarcazioni e risalivano il fiume, ciò permetteva un facile scambio commerciale dei prodotti provenienti dalla Lucania e con altre regioni come la Sicilia e la Calabria.

Nell’antichità le acque del fiume Sele erano fondamentali per lo sviluppo del territorio, quando si risaliva il fiume, il carico di merci veniva trasferito su barche più piccole che potevano addentrarsi anche in tratti più stretti. Si ipotizza che fossero sprovvisti di vela ma venivano tirati dagli animali lungo le sponde.



 

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio