I negozi italiani? Crescono e resistono all’online. I dati
Qualche numero, riferito dallo stesso Resca, aiuta capire le dimensioni del commercio in Italia. L’intero fatturato del settore ammonta a 900 miliardi, di cui un terzo di catena. «Noi rappresentiamo circa il 16%, intorno ai 150 miliardi, e abbiamo ancora molto potenziale». Tra i maggiori associati l’Eni, con 4mila punti vendita, Carpisa-Yamamay-Jaked con 1.300, Mondadori store con 600, Feltrinelli, Illy, Autogrill, e poi Eataly, Kiko, Calzedonia. La presenza all’estero è già del 30%.
Ma ecco il dato più indicativo – «mentre l’intero commercio cresce dello 0,5%, i nostri associati nel 2017 sono cresciuti del 3,2% a parità di perimetro, del 5,2% considerando le nuove aperture». Inevitabile una domanda: siete una lobby? «No, anzi siamo contro le corporazioni. Non chiediamo nulla se non sviluppo, trasparenza, rispetto delle regole, lotta al sommerso, che per noi è un concorrente sleale». E poi aggiunge infastidito: «Si riparla di una stretta alle aperture domenicali. Non ci crediamo. Sarebbe un intollerabile passo indietro».
Da parte sua Donato Iacovone, ceo di Ey Italia e managing partner di Italia, Spagna e Portogallo, ha sottolineato come ormai nel commercio non si possa fare a meno dell’online, anche se gli italiani continuano a preferire l’acquisto nel punto vendita. Per quanto si evidenzino sempre più «dinamiche di convergenza tra l’online e il canale tradizionale». «Il punto vendita è ancora il luogo d’acquisto principale, con oltre il 90% dei consumatori che ancora lo predilige». Ad ogni modo, «l’online è una fonte di informazioni essenziale attraverso il quale il 60% dei consumatori ricercano i prodotti».