Curiosità

Sei normali azioni quotidiane che in altri Paesi costano il carcere: la lista

Spesso non ci rendiamo conto di essere fortunati a poter coltivare liberamente certe azioni, perché in alcuni luoghi del mondo possono costare il carcere. Parliamo di abitudini banali, come per esempio usare Internet di in particolare i social network condividendo post con gli amici, andare in bicicletta per le donne o mangiare la cicca, ma ce ne sono anche altre. Vediamone sei, comprese quelle già citate e dove sono attività “da galera”.

Uso dei social in Ciad

n questo Paese – e non solo – dell’Africa centrale può costare cara un’azione come esprimersi liberamente su piattaforme a noi così familiari come Facebook, Twitter ed Instagram. Per esempio un uomo di nome Tadjadine Mahamat Babouri, conosciuto come Mahadine, attivista dei diritti umani e padre di 7 bambini, è stato addirittura condannato all’ergastolo.

La sua colpa? Aver condiviso su Facebook un video contro il governo del Ciad, fatto in seguito al quale è stato anche picchiato e in carcere è stato incatenato.

Mahadine, a causa delle condizioni di detenzione, ha contratto la tubercolosi e ha bisogno di cure urgenti. Organizzazioni umanitarie internazionali come Amnesty hanno lanciato petizioni per lui: questa scade il 22 dicembre.

Andare in bicicletta per le donne in Iran

Nella Repubblica Islamica dell’Iran, come è noto, le donne subiscono molti divieti in quanto considerati esseri impuri secondo la sharia, la legge islamica. Tra questo divieto c’è anche quello di andare in bicicletta: non un divieto esplicito, ma condizionato dalla polizia morale che pattuglia le città iraniane.

Nel luglio dello scorso anno alcune ragazze sono state arrestate ed incarcerate per aver cercato di partecipare ad un evento ciclistico nella città curda di Marivan, al confine con l’Iraq. Poi sono state liberate, ma hanno dovuto firmare un impegno scritto a non violare più il divieto di praticare l’attività di andare in bicicletta.

Sempre nel 2016, la Guida Suprema, il Grande Ayatollah Ali Khamenei, ha emesso una fatwa, una norma di diritto islamico, che aveva autorizzato le donne ad andare in bicicletta, ma non in pubblico: in particolare nei villaggi e nelle città più piccole, dove non possono nemmeno prenderle in affitto.

Indossare jeans in Corea del Nord

Nel Paese che attualmente è il nemico numero uno dell’Occidente e in particolare degli Stati Uniti, la Corea del Nord, anche indossare i jeans è severamente vietato in quanto “simboli del capitalismo”, tanto che portandoli si rischia di finire dietro le sbarre e nei campi di lavoro forzati. La legge è stata varata nel 2006 dal governo del giovane dittatore Kim Jong-un, che sta minacciando il mondo con il lancio di missili e il rischio della bomba atomica.

Masticare chewing gum a Singapore

Nella città del sud-est asiatico è proibita persino la vendita e ovviamente l’importazione di gomme da masticare, proprio perchè il loro consumo può portare dritto in carcere, nonchè al pagamento di una multa salata.

Questo per la pulizia delle strade – che è appunto ottima a Singapore -, evitando che le cicche appiccicose vi vengano gettate.Si tratta di un divieto emanato nel 1992, dopo che i chewing gum vennero utilizzati per protesta sabotando i mezzi pubblici. Dal 2004 è più blando, nel senso che le gomme da masticare vengono consentite da speciali prescrizioni mediche, per esempio a chi vuole smettere di fumare.

Contrastare le sparizioni politiche di persone in Egitto

Questo dramma presente nel Paese così amato anche dagli italiani a livello turistico, è balzato agli “onori” della cronaca estera in particolare dopo la Primavera araba che ha rovesciato l’ex presidente Hosni Mubarak nel 2011 e continua con l’attuale presidente Abdel-Fattah e-Sisi – lo sa bene la famiglia del povero Giulio Regeni -.

Una donna di nome Hanan Badr el-Din ha fondato l’associazione “Famiglie degli scomparsi in Egitto”, dopo la sparizione di suo marito, che lei ha visto per l’ultima volta in TV in un letto di ospedale, ma il suo attivismo le costato il carcere e il rischio di 5 anni di prigione. Ora Amnesty International si sta mobilitando anche per Hanan.

 Fare jogging di gruppo in Burundi

Lo ha vietato nel 2014 il presidente Pierre Nkurunziza, sostenendo che tale attività era stata utilizzata nell’ultimo decennio di conflitti etnici come copertura per azioni sovversive contro il suo governo.

Invece chi fa jogging “in solitaria”, invece, può farlo liberamente.

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