Curiosità

Oliveto Citra, le Mofete come monitoraggio dei terremoti

OLIVETO CITRA: ancora oggi il fenomeno delle Mofete è un’attrazione ancora poco conosciuto, chi ha avuto l’occasione di assistere all’emissione delle Mofete lo descrive come un fenomeno magico e spettacolare.

Che cosa sono le Mefite?

Le Mofete è un’attività postvulcanica costituite da anidride carbonica ed è un degassamento naturale dal suolo, gas naturali CO2, SO2 – Anidride solforosa -, H2S – acido solforico-, Elio, Metano, Azoto, idrocarburi aromatici ed altri gas. La temperatura del gas, uno strato asfissiante fino all’altezza di circa mezzo metro dal suolo, oscilla tra i 20° e i 29°. Gli animali o gli uomini che si avvicinano imprudentemente alla Mofete vi restano asfissiati trovando la morte.



A Rocca San Felice, dove si trova un’altra attività postvulcanica molto famosa, si racconta che la notte del 22 Novembre 1980 dove di solito c’era lo sfogo gassoso delle Mofete si era disseccata, inoltre, una tempesta elettromagnetica stava sparando strani fulmini globulari. Gli abitanti del posto intuirono che qualcosa stava succedendo nel sottosuolo, difatti la sera del 23 Novembre 1980 ci fu una forte scossa sismica ricordata come il terremoto dell’Irpinia.
Le Mofete rappresentano il degassamento naturale di una miscela di gas che risalendo dalle profondità della Terra trovando sfogo attraverso delle faglie sul terreno.
Nel territorio di Oliveto Citra sono stati individuati dieci siti di Mofete , il territorio olivetano è un posto di particolare interesse geologico definito geosito che ha condotto molti studiosi a osservare il fenomeno naturale.

Le emissioni di gas del sottosuolo sono da sempre fonte di studio da parte dei vulcanologi per capire le attività sismiche della terra, proprio le emissioni gassose di Oliveto Citra sono rientrate nel programma: “Progetto INGV – DPCV5 CATALOGO DELLE EMISSIONI GASSOSE ITALIANE” condotto dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, noto con la sigla Ingv e il Dipartimento della Protezione Civile.
Le Mofete si presentano di due aspetti gassose e acquitrinose, quella più importante di Oliveto Citra è la Mofete Varchera che è anche visibile da satellite.

La Dea Mefite

Mefite era una divinità Italica legata alle acque stagnanti e zolfose, invocata per la fertilità dei campi e per la fecondità femminile. La Dea in principio era vista come benigna e protettrice, in un secondo momento si trasformò in uno spirito malefico portatore di morte e distruzione. Secondo alcuni studi Mefite significa «colei che fuma nel mezzo» oppure «colei che si inebria» o «colei che sta nel mezzo» la dea era vista come la protettrice della vita e della morte la personificazione di forze sismiche e vulcaniche, è comune trovare la Dea nei luoghi di sorgenti e pozze di acqua sulfurea.


Statua lignea rappresentante la dea Mefitis

statua in bronzo rappresentante la dea Mefitis

Un rito dei pastori Hirpini, durante il periodo della transumanza , consisteva nel portare una pecora nel territorio delle Mofete , la pecora veniva lasciata incamminarsi nella valle e se questa ne usciva viva la Dea pagana assicurava protezione al pastore che si preparava a partire per la lunga transumanza, se invece l’animale veniva reclamato dalla Dea allora il pastore ed il suo gregge dovevano rimandare il viaggio.

Il culto della Dea Mefite era molto diffuso fra i romani tanto che nella vallata del Canneto, lungo il fiume Melfa, nel 1958 furono ritrovati alcuni resti di un antico tempio pagano risalente all’anno IV-III a.C. dedicato alla divinità Mefite. Secondo recenti studi la dea era di colore bruno oggi associata alle Madonne Nere.
Nel Museo Irpino di Avellino sono conservati alcuni reperti ex voti dedicati alla Dea come le sculture lignee dette Xoane, oggetti di ambra, oro, argento e bronzo. La divinità era molto diffusa lungo il fiume Calore e del Sele, a lei è ispirato un formaggio che si produce nella Valle d’Ansanto in Irpinia chiamato Carmasciano, un pecorino prodotto con lo zolfo.

Il formaggio Carmasciano prodotto Pat della Campania candidato al marchio Dop



La pecora Laticauda, che pascola nei campi delle aree della valle d’Asanto viene raccolto e riscaldato a circa 37/40 gradi e coagulato con caglio di agnello o capretto. Dopo circa trenta minuti dall’aggiunta del caglio si rompe la cagliata, si toglie il siero per la ricotta e viene lavorata con le mani fino ad ottenere una pasta compatta. Dopo averla sistemata nelle fuscelle va fatta riposare per circa 48 ore, trascorso il tempo le forme vengono scottate nel siero caldo amalgamandole con sale, dopo circa dieci giorni sono spennellate con olio di oliva, aceto e vino bianco. Il segreto di questo formaggio che lo rende unico senza eguali e l’erba della Valle d’Asanto dove si trovano le Mofete .

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