Inchiesta

Parco del Cilento, grande spreco “verde”: le spese nel mirino della Corte dei Conti

È come camminare sul ciglio del burrone, un passo più in là e si piomba nell’abisso. A meno di un deciso cambio di rotta e un controllo più severo sulle spese. È questo in sintesi il bilancio che tirano i giudici della Corte dei Conti nella loro ultima indagine sulla gestione finanziaria dei 23 Parchi nazionali italiani nel periodo che va dal 2014 al 2016 che ha riguardato anche al Parco del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Un gigante dai piedi d’argilla, a dar retta alle valutazioni contenute nella relazione che accumula debiti e che per tre anni consecutivi ha chiuso il proprio bilancio in passivo. Un dato questo, dicono i giudici, che porta dritto al commissariamento se non si correrà al più presto ai ripari.

I numeri del crac

Il risultato finanziario del Parco del Cilento, si legge nella relazione, sia pure con un trend oscillante, è sempre negativo: ammontava a 1,1 milioni nel 2014, in notevole peggioramento (66,65%) rispetto al dato, sempre negativo, del 2013; nel 2015 migliora sensibilmente, riducendosi a 158.109 euro; peggiora fortemente (oltre tre volte) nel 2016, attestandosi a 536.844 euro nel 2016.

L’esercizio finanziario 2016 chiude invece con un risultato negativo nuovamente in crescita (-536.844 euro) «a causa soprattutto del significativo peggioramento del deficit di parte capitale, pari a 732.803 euro, oltre che della contrazione (-13,89%) dell’avanzo corrente, ammontante a 195.960 euro».

Il rischio commissariamento

I giudici ricordano ai vertici dell’Ente (che già erano stati messi sull’avviso dallo stesso Ministero) che il decreto legge 98/2011, convertito nella legge 111/ 2011, prevede «il commissariamento di un ente sottoposto a vigilanza dello Stato, il cui bilancio non sia stato deliberato nel termine stabilito dalla normativa vigente o il cui bilancio registri un disavanzo di competenza per due esercizi successivi».

Il Ministero delle Finanze ha lanciato però anche una ciambella di salvataggio, precisando che il presupposto del disavanzo per due esercizi consecutivi «non comporta l’automatica applicazione della disposizione se l’ente raggiunge il pareggio di bilancio utilizzando quote dell’avanzo di amministrazione “effettivamente realizzato e disponibile” da accertare dopo l’approvazione del consuntivo».

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio