Cronaca

Il clan pagava le spese legali ai suoi affiliati in carcere: “Fate una buona difesa a Luigi”

Il clan pagava garantiva le spese legali ai suoi affiliati in carcere: cinquecento euro al mese, circa 150 a settimana. È quanto Ciro Persico, lo «zio», garantiva ai suoi affiliati arrestati. Un «atto dovuto», come dice lo stesso Gennaro Caracciolo alla madre durante un colloquio a Fuorni intercettato dai carabinieri, perché «quei soldi sono anche i miei».

Le spese legali sostenute dal clan

I soldi gli venivano inviati da Patrizio Cerrito e Luigi Iannone. Era lo «zio» a decidere chi avrebbe dovuto procedere alla consegna e ad «autorizzare» eventuali diverse disposizioni, come nel caso di Luigi Iannone: i soldi furono dati al padre di questi ma Persico autorizzò che fossero consegnati al giovane dalla sua fidanzata durante un colloquio.

Unica richiesta del capo del gruppo criminale, è che le somme di denaro fossero accompagnate da un biglietto con indicazione del nome di chi le inviava. Anche dopo il suo arresto, i carabinieri della compagnia Salerno hanno accertato che Persico continuava, in carcere, a garantire contributi ai suoi uomini. Lo «zio», difatti, nominò Eugenio Siniscalchi, addetto alla riscossione dei crediti per «elargire», scrive nell’ordinanza il gip Maria Zambrano, soldi alle famiglie dei detenuti. E il boss del centro storico non provvedeva soltanto al loro sostentamento, bensì anche alle spese legali.

La chiamata al legale

Quando Iannone venne arrestato il 17 novembre 2017 perché trovato in possesso di hashish, è stato proprio lo «zio» a chiamare di persona, al telefono, il legale di fiducia nominato dal suo uomo per «caldeggiare» una «buona difesa» e raccomandarsi di fare bene il suo lavoro.

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