Cronaca

Primario della clinica Tortorella arrestato, 6 i casi di omicidio contestati: “Papà era un vegetale”

Salerno, arrestato il primario della clinica Tortorella Napolitano. Sono 6 i casi di omicidio colposo contestati

Salerno, nella giornata di ieri è stato arrestato il primario della clinica Tortorella Carmine Napolitano. Le accuse sono di plurimi omicidi colposi commessi in arco temporale intercorrente tra il 12 novembre del 2017 ed il 25 marzo del 2018. Nello specifico, sono 6 i casi di omicidio colposo contestati.

Arrestato primario della clinica Tortorella, i decessi “anomali”

Dal caso di Luigi Cipollaro a quello di Michele Citera in cui lo stesso paziente «sentiva avvicinarsi la sua fine». E, ancora, il decesso di Andrea Carro, Aniello Montuori, Nunziante Sorrentino, Pasquale Sansone: tutti avvenuti tra novembre 2017 e marzo 2018.

“Papà era un vegetale”

Particolarmente toccante è il racconto del figlio di Luigi Cipollaro: «Alla fine stava sempre a letto, sembrava un vegetale. Ci eravamo resi conto che qualcosa non andava, aveva attacchi di febbre altissima con convulsioni. Riusciva solo a dire poche parole e per di più confuse, si stava spegnendo lentamente».

Il padre 62enne rimase ricoverato presso la clinica Tortorella dal 22 novembre 2017 al 15 gennaio 2018 per un intervento chirurgico allo stomaco: operazione che durò 10 ore e per «la ricostruzione del canale digerente venne utilizzato una parte di colon-intestino, tecnica diversa da quella che avrebbero inizialmente voluto utilizzare», come lo stesso chirurgo Napolitano informò i familiari del paziente. Il dottore li rassicurò dicendo che l’intervento era «andato benissimo, non prospettando alcun rischio post operatorio».

“Peggiorava giorno dopo giorno”

Ma diversi giorni dopo l’operazione, il medico disse ai figli del paziente che quest’ultimo aveva una fistole toracica che si era determinata durante l’intervento e che si sarebbe dovuta richiudere da sola nei giorni successivi. Ma no fu così: «Trascorsi dieci giorni dall’intervento, periodo in cui mio padre aveva la febbre ed era alimentato da una sacca in quanto non poteva nè mangiare nè bere, venne sottoposto ad una Tac per verificare lo stato della fistole».

Il racconto continua: «Anche in quest’occasione ci venne detto di non preoccuparci: sebbene ancora aperta, la fistole era in fase di chiusura. Passarono ancora alcuni giorni ed iniziò l’alimentazione autonoma: cosa che fece peggiorare le sue condizioni tanto che dopo tre giorni ritornarono ad alimentarlo con la sacca. Tempestato dalla mie domande, il dottor Napolitano solo allora mi parlò della gravità delle condizioni di mio padre dicendomi che avrebbe praticato un secondo intervento per l’applicazione di una protesi che avrebbe chiuso artificialmente la fistole e di non averlo fatto prima in quanto temeva per i punti di sutura ancora troppo freschi».

Nulla cambiò con il secondo intervento. Il paziente, infatti, morì dopo 3 giorni.

Il caso di Michele Citera

Stessa sorte per Michele Citera il quale venne operato il 12 marzo 2018 e morì la sera dello stesso giorno. L’uomo sentiva che la «fine era vicina». Sopposto a duodenocefalopancreasectomia, fu il dottor Napolitano ad effettuare l’intervento. Secondo il medico l’operazione era l’unica strada percorribile. In seguito all’intervento, durato otto ore, il dottore ci disse di aver trovato un tumore molto più esteso ma tuttavia era andato tutto a buon fine. Nel frattempo papà si era svegliato e mi disse di avere la gamba troppo calda e le labbra asciutte ma io lo rassicurai dicendo che era normale dopo un intervento». E ricorda un particolare agghiacciante: «Prima di lasciarlo, papà mi disse di non andare via perchè non ci saremmo più visti». E così fu.

Fonte: Il Mattino


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