Cronaca

Salerno ritrova San Matteo: le emozioni della processione, prima volta in Piazza della Libertà

Salerno, torna la processione di San Matteo: il racconto della giornata, dal Pontificale allo spetaccolo pirotecnico

Dopo due anni di restrizioni, la processione di San Matteo è tornata nelle strade di Salerno arrivando – per la prima volta – in piazza della Libertà. Una processione segnata da un vento freddo, ma anche dal calore dei salernitani, tornati a vivere con trasporto e passione la giornata cittadina più attesa dell’anno.

Salerno, torna la processione di San Matteo: la giornata

Dopo il pontificale officiato da Tommaso Caputo, Arcivescovo Prelato di Pompei e Delegato Pontificio per il Santuario presso il Duomo di Salerno, alle 18 è iniziata la processione. Le statue dei Santi hanno conquistato l’atrio del Duomo: in ordine, San Gaio, San Fortunato, Sant’Ante e San Gregorio VII, San Giuseppe, e, infine, San Matteo.

Le statue sacre, sostenute dalle spalle dei portatori, sono state accompagnate dalle note della banda musicale e dagli applausi della città, dal centro storico alle strade della city, tra bambini, anziani e anche qualche curioso turista. In molti hanno omaggiato il vescovo Andrea Bellandi, avvicinatosi alle transenne per un saluto ai bambini. Poi l’arrivo in piazza della Libertà dove si è tenuta la benedizione del mare prima del rientro in Duomo, contraddistinto dalla consueta “corsa” sulle scale che conducono all’ingresso della cattedrale.

Dietro alle statue, in prima fila, il sindaco Vincenzo Napoli, il prefetto Francesco Russo e le altre autorità politiche cittadine e provinciali. In processione anche Maurizio Milan, amministratore delegato della Salernitana che in mattinata aveva preso parte al Pontificale dove il patron Danilo Iervolino è stato acclamato a gran voce dai tifosi granata.

I fuochi d’artificio

A mezzanotte, infine, il tanto atteso spettacolo pirotecnico. Quasi un quarto d’ora di fuochi d’artificio dal pennello di piazza della Concordia hanno concluso una giornata ricca di emozioni per un popolo intero.

Salerno, l’omelia del pontificale di San Matteo

Grande emozione a Salerno per il pontificale di San Matteo. Autorità politiche, forze dell’ordine, rappresentanti delle società sportive e cittadini hanno preso parte alla celebrazione presso il Duomo di Salerno.  La celebrazione è stata officiata da Tommaso Caputo, Arcivescovo Prelato di Pompei e Delegato Pontificio per il Santuario:

Carissimi, è bello condividere oggi, con tutti voi, questo giorno di grande festa per la città di Salerno. È una gioia della quale ringrazio vivamente il caro fratello Arcivescovo Andrea, che ha voluto così rinnovare il legame tra Salerno e Pompei. Saluto le distinte autorità civili e militari presenti così come ognuno di voi, fratelli e sorelle carissimi, e, in modo speciale, gli ammalati, chi attraversa un periodo di particolare sofferenza nello spirito e chi vive la solitudine.

È un’emozione grande celebrare l’Eucarestia all’Altare maggiore della Cattedrale, eretta per volontà di Roberto il Guiscardo proprio per accogliere le spoglie mortali dell’Apostolo Matteo, custodite nella meravigliosa cripta. In fondo alla navata di destra è l’Altare delle Crociate, dove riposa il grande Papa San Gregorio VII, morto a Salerno, in esilio, nel 1085, e sempre qui, tra le mura maestose, dimorano i corpi dei martiri Gaio, Ante e Fortunato. Ogni affresco, ogni altare, ogni marmo racconta la fede antica e forte del popolo salernitano, di voi tutti che oggi, numerosi, rendete onore all’amato Patrono. Ed è un’emozione ancora più forte perché la celebrazione di oggi segna il ritorno nella Cattedrale, dopo un anno di assenza e altri due di severe restrizioni legate alle misure contro la pandemia. Disponiamoci ora a celebrare degnamente i santi misteri, riconoscendo i nostri peccati.

 


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L’omelia

1. Abbiamo appena ascoltato il passo del Vangelo nel quale San Matteo ci propone il racconto autobiografico della sua chiamata. La scena è ambientata a Cafarnao. «Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: “Seguimi”» (Mt 9, 9).

Matteo è considerato un traditore, un pubblico peccatore, una persona da tenere a distanza perché è passato dalla parte degli occupanti. Gesù, invece, legge il suo cuore. Gesù vede la luce che Dio ha nascosto sotto la fragilità degli uomini, una luce che non si spegne a prescindere dalle loro azioni. Non gli interessa l’abito sociale che Matteo indossa né il suo peccato né quello che ha fatto prima. Gesù sa che, sul documento di identità di ogni uomo, è scritto: “Immagine di Dio” (Gen 1, 26).

Lo leggiamo anche nel Libro dell’Esodo quando la figlia del faraone vide, sulle rive del Nilo, il cesto di vimini nel quale era stato posto un neonato. Disse soltanto: «È un bambino!» (Es 2, 6) e lo accolse come un figlio. Come sarebbe bello se tutti noi, prima di ogni altro apprezzamento, potessimo pensare e dire: «È un uomo!». Sarebbe il primo passo di rapporti nuovi tra noi, di storie nuove, trasfigurate dalla presenza di Dio.
Le parole che leggiamo dopo la chiamata di Gesù non possono che riempirci di stupore. «Ed egli – scrive ancora l’Evangelista parlando di sé stesso – si alzò e lo seguì» (Mt 9, 9).

Nell’Inno a San Matteo, il compositore, il compianto monsignor Alfonso Tisi, scrisse questi versi semplici: «Seduto al tuo banco Ti vide il Signore; lo sguardo, la voce parlavan d’amore: Matteo, su vieni! e il cor ti balzò». E poi prosegue: «Lasciasti il telonio, la brama dell’oro; Gesù ti promise celeste tesoro». Matteo lascia il suo telonio, il banco delle imposte, e, con esso, la ricchezza che gliene deriva, per il tesoro promesso da Gesù in cielo. È la storia di una conversione, dell’incontro tra la grazia di Dio e il “sì”, libero, dell’uomo. Matteo, ma anche Gregorio VII, Gaio, Ante, Fortunato. Sono Santi totalmente “afferrati” dall’amore di Dio. Proviamo a pensare con una logica puramente umana.

San Matteo soffrirà per la morte del suo Signore e per i giorni della Sua assenza fino a che non lo vedrà risorto. Morirà martire, ucciso in odio alla fede. Papa Gregorio, che amò la giustizia e odiò l’iniquità, morirà in esilio a Salerno, dove avrà il tempo, nel 1084, di consacrarne il duomo. Nel IV secolo i giovani Gaio, Ante e Fortunato subiranno il martirio al tempo delle persecuzioni ordinate dall’imperatore Diocleziano. Verrebbe da dire che a San Matteo, così come agli altri Santi, non derivò nulla di buono da quel suo lasciare il banco delle imposte per seguire Gesù.

Lo stesso apostolo Pietro, in un’altra circostanza, chiede a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?» (Mt 19, 27). Il Signore gli risponde: «Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna» (Mt 19, 29).

Credere in Dio non è un talismano che ci preserva da ogni male, ma Cristo ha vinto la morte e il peccato, è risorto. Di cosa abbiamo paura anche quando, nella vostra vita, infuria la tempesta? «Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?» (Rm 8, 35), chiede San Paolo nella Lettera ai Romani.  È Cristo, solo Cristo, la ragione della nostra gioia che ci fa guardare anche oltre il muro del dolore terreno verso l’orizzonte di Dio, che è luce senza fine alla quale guardò Matteo finanche nel momento del martirio. No, sorelle e fratelli carissimi, le logiche umane non sono davvero quelle di Dio!

2. C’era anche San Matteo tra gli apostoli smarriti del Sabato Santo. Gesù è morto in croce e sembra che la giustizia abbia avuto la peggio, sconfitta dalla violenza dell’uomo in balìa del peccato. E in quel momento San Matteo, come gli altri apostoli, si stringe alla Vergine Maria, Madre dolorosa che, però, non cede mai alla disperazione perché grande è la sua fede. Come il suo venerato Patrono, Salerno è città profondamente mariana.
Il 14 e 15 marzo 1948 il Quadro della Madonna di Pompei vi fece visita e fu una grande consolazione per il caro popolo salernitano bisognoso di rinnovata speranza dopo l’immane tragedia della Seconda Guerra mondiale.

L’8 dicembre 1950, in pieno Anno Santo, in Piazza Amendola, proprio accanto al Comune, fu posta un’edicola votiva, un mosaico di pregevole fattura che raffigura l’Immagine familiare della Madonna di Pompei, alla quale è peraltro dedicata una bella parrocchia che sorge nel quartiere di Mariconda sin dal 1962. Nell’iscrizione la Vergine veniva definita “Desideratissima Pellegrina di pace”. L’opera, benedetta da Papa Pio XII, fu voluta dal compianto Arcivescovo Demetrio Moscato per ricordare che, quando tutto sembrava finito e l’orizzonte appariva oscuro, la città di San Matteo si era affidata a Maria.

Continua a farlo ancora oggi, considerati gli innumerevoli pellegrinaggi che, da Salerno, con ogni mezzo e, di frequente, a piedi, giungono a Pompei. Né si contano le attestazioni di grazie che, da questa Città e da questa Arcidiocesi, sono arrivate in Santuario fin dai primi anni della fondazione.

È del 15 giugno 1911 il primo viaggio del tram che percorreva la tratta Salerno-Valle di Pompei. Quella tranvia, costruita con non poche difficoltà per la conformazione del territorio che attraversava, divenne il mezzo di trasporto ideale per i numerosi pellegrini che, sempre più, accorrevano al trono di Maria dalla vostra Città.
Siamo devoti a San Matteo, siamo devoti alla Madonna del Rosario. La parola “devozione” deriva dal latino “devovere”, cioè “consacrare”. Come possiamo consacrarci alla Madonna e a San Matteo, che in Lei trovò una mamma, se non impegnandoci nel costruire, sin da qui, sulla terra, il regno di Dio?
Nel momento nel quale si alza dal banco delle imposte, Matteo, mosso dallo sguardo d’amore di Gesù, compie un passaggio breve, ma radicale: dall’io al noi. Non è più concentrato su sé stesso e sulle monete che un attimo prima contava, ma comincia a levare lo sguardo e a guardare gli altri, i fratelli. Salerno è conosciuta come città materna che nel suo seno, negli ultimi anni, ha accolto tanti migranti in fuga da miseria e guerre. Quanta dedizione per i più fragili nelle case di accoglienza notturna, nelle mense dei poveri, nell’opera dei volontari che raggiungono i più bisognosi nelle strade! È una solidarietà che non conosce sosta neanche nei giorni di festa perché il Signore è lì, i tratti del Suo volto sono ben visibili in quelli dei fratelli che chiedono aiuto.
Anche questo rende vicina Salerno a Pompei, dove un avvocato pugliese, il Beato Bartolo Longo, convertito dagli errori della sua gioventù, cambia totalmente vita fondando il Santuario, le Opere di carità, la stessa Nuova Città. Dal suo arrivo a Valle di Pompei, nell’ottobre 1872, centocinquant’anni fa, dinanzi ai suoi occhi si aprì, come un rotolo sciolto lentamente, il grande disegno di Dio capace di suscitare stupore e meraviglia: ecco il centuplo ottenuto qui sulla terra!

3. Nel celebre dipinto di Caravaggio che raffigura la vocazione di San Matteo, opera custodita nella Chiesa romana di San Luigi dei Francesi, Gesù chiama quel pubblicano indicandolo con il dito. Il gabelliere, con un gesto a sua volta plateale, sembra dire: “Dici a me? Sono proprio io?”. Quel dito di Gesù è indirizzato anche verso ciascuno di noi. Sì, ci siamo anche noi al banco delle imposte e il Signore passa e ci chiama. Ciascuno di noi è chiamato dal Signore, qui ed ora.
Salerno è città dell’accoglienza e sappiamo che ogni giorno la carità è sparsa a piene mani: i dati della Caritas e del Banco alimentare descrivono, eppure, un contesto dove la povertà aumenta coinvolgendo le famiglie, in particolare, i genitori con figli minori. E poi, anche qui, la violenza sembra agire sotto traccia nei rapporti personali, mentre molti giovani non vedono un futuro, rischiando di abbandonarsi allo scetticismo, e tanti anziani soffrono la solitudine.

Se poi allarghiamo lo sguardo al nostro mondo, le tante guerre di un conflitto mondiale “a pezzi” – come lo ha definito più volte Papa Francesco – seminano morte, miseria e distruzione.
C’è tanto da fare!
Le nostre forze – ammettiamolo – non sempre riescono a reggere pesi che diventano sempre più gravosi. Ma l’omaggio che ogni anno, in forma solenne, rendiamo al Patrono serve soprattutto a far memoria del grande lascito di fede, coraggio, generosità a noi trasmesso attraverso la vitalità di una storia che continua a interpellare, giorno per giorno, ognuno di noi. Dobbiamo mostrarci degni di un’eredità così grande.
San Matteo suscita e ravviva nei nostri cuori le risorse necessarie per venire a capo di un tempo particolarmente difficile e tormentato. Questi tre anni – o poco meno – di una pandemia che ha seminato lutti in molte famiglie e ha sconvolto, in ogni versante, un assetto sociale che sembrava consolidato, con l’aggiunta della rovinosa e insensata avventura – anzi disavventura – della guerra scatenata dall’invasione russa, in Ucraina, nel cuore dell’Europa, rappresentano un carico difficilmente sopportabile per le nostre forze ordinarie.
Proprio ora, nel momento dell’anno che coincide con la piena ripresa – laddove è possibile – delle attività, dopo la relativa pausa estiva e il freno esercitato dalla crisi, sentiamo di aver bisogno di un supplemento di aiuto e di protezione. Non si annuncia, infatti, un cammino in discesa, e preoccupazioni e sacrifici sembrano accompagnare anche il futuro più immediato.

Le nostre fragilità escono, perciò, più che mai allo scoperto in ogni campo. Ma proprio questa percezione deve spingerci ad andare avanti. E a contare su quella “mano sulla spalla” che il Santo Patrono non farà mancare a noi tutti e alla sua amata Salerno.
Questa sera i portatori condurranno, per le strade della Città, le statue di San Matteo, di San Giuseppe, di San Gregorio VII, dei Santi Gaio, Ante e Fortunato. Cammineranno uno accanto all’altro, mantenendo lo stesso passo.

È quello che, da devoti di San Matteo, dovremo fare anche noi ogni giorno: camminare insieme, camminare insieme per dare aiuto ai poveri, conforto agli ammalati, compagnia alle persone sole, sostegno concreto a chi è in difficoltà. Siatene certi: nel cammino della vita la Madonna di Pompei, che nel Santo Rosario invochiamo anche come Madre della speranza, ci è accanto. Non dimentichiamo la corona del Santo Rosario, preghiera che dà pace e salva. “Ave Maria!” sono le stesse parole che, certamente, tante volte l’apostolo Matteo, avrà pronunciato, incontrando di persona la Madre di Gesù. San Matteo e la Madonna Santa intercedano grazie speciali per questa straordinaria città di Salerno e per i suoi abitanti. E, per ognuno di noi, intercedano la grazia di saper intessere con i fratelli e le sorelle che incontriamo sul nostro cammino relazioni vere, riflesso dell’“immagine di Dio” che è nel cuore di tutti. La fede e la carità guidino i nostri giorni

 

 

 


Il menu di San Matteo


Presente anche una delegazione della Salernitana

Non poteva mancare la Salernitana: una folta delegazione del club granata, infatti, ha presenziato alla cerimonia. In prima fila il patron Danilo Iervolino, seguito dall’ad Maurizio Milan, dal direttore sportivo Morgan De Sanctis e da numerosi dirigenti.


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