Politica

Stir e compostaggio a Battipaglia, Petrone: «ne ho abbastanza!»

BATTIPAGLIA. Stir ed impianto di compostaggio a Battipaglia: Raffaele “Cucco” Petrone, ex consigliere regionale, ha scritto una lettera aperta alla sindaca Cecilia Francese, all’amministrazione comunale e, in generale, all’intera cittadinanza.


Da quasi due mesi, da quando cioè assieme a centinaia di altri battipagliesi cerco di contribuire alla battaglia contro l’impianto di compostaggio nello STIR, ho volontariamente provato a ridurre il più possibile i miei interventi polemici verso l’amministrazione.

L’ho fatto con un preciso scopo: per coerenza. Se vuoi vincere (se vuoi provare a vincere) una battaglia che già in partenza si rivela difficile, difficilissima, devi usare tutti gli strumenti che hai. Ciascuno deve fare la sua parte per rendere la propria squadra, la propria comunità, più forte possibile ed evitare di delegittimare quelli che quella comunità la guidano: il sindaco e l’amministrazione.

Nel momento del bisogno, in guerra, gli inglesi si stringevano attorno a Churchill, anche chi non lo aveva votato, anche i suoi avversari. Perché – in quel frangente – il nemico vero veniva da fuori.

E allora, da un mese e mezzo, faccio come un calciatore che ha litigato con l’allenatore: anche quando certe scelte non lo convincono va in campo e fa quello che gli ordinano, come un soldatino.

Ho cercato di farlo qui su FB, e sopratutto l’ho fatto nelle due occasioni in cui ho incontrato il sindaco (la sindaca, se preferite) in pubblico: alla nostra assemblea (durante la quale il tono del mio intervento, assolutamente non polemico, ha sorpreso un po’ tutti quelli che mi conoscono) ed all’incontro fra Amministrazione e Comitato di Lotta in cui non ho fatto altro che dare quei pochi consigli che posso dare.

Consigli che nascono dal buon senso (che spero di avere) e dalla piccola esperienza che ho. Consigli che ripeterei a chiunque fosse oggi il sindaco della mia città.

Nulla di eclatante, ripeto: sono piccoli consigli di buon senso. Abbiamo due o tre carte ancora da giocarci, una fra queste è l’audizione in Consiglio Regionale davanti alla Commissione Ambiente.

Quella va preparata con abilità e tenacia. Dovremo utilizzare bene i tre argomenti più forti che abbiamo: il protocollo d’intesa del 2002, il ruolo di servitori della collettività che abbiamo esercitato sino ad oggi trattando milioni di tonnellate di rifiuti provenienti dai quattro angoli della regione e la naturale vocazione del nostro territorio.

Per usare bene questi tre argomenti dobbiamo preparare una squadra “stellare” in quei ruoli, e non una delegazione fatta da chi ha voglia di andare a fare passerella: 1) il comune deve RAPIDAMENTE fare una convenzione con un amministrativista tra i più celebri perché venga ad esporre la tesi del valore giuridico di un protocollo d’intesa, vero e proprio patto sottoscritto fra una comunità e i governanti superiori; 2) predisporre un dossier DOCUMENTATISSIMO su tutto quello che Battipaglia, in quindici anni, ha sopportato per aiutare tutta la Regione ad uscire dall’emergenza rifiuti – un dossier fatto di dati, cifre, numeri, date; 3) il sindaco deve utilizzare tutta la sua autorevolezza per coinvolgere in questa battaglia le organizzazioni più rappresentative: i produttori agricoli, sia singolarmente che come organizzazioni di categoria (se necessario il sindaco rispolveri il suo splendido francese e voli a Villeneuve D’Ascq per parlare direttamente con i vertici della Bonduelle), il Consorzio della Mozzarella di Bufala Campana, sindacati, Confindustria, persino con gli operatori della grande distribuzione e con le associazioni dei consumatori – se necessario – perché difendano la qualità dei nostri prodotti.

Poi l’amministrazione deve spingere tutti gli attori politici del territorio a “preparare” l’audizione cercando di incontrare i Consiglieri Regionali della Commissione Ambiente, invitandoli a seguire con la massima attenzione e partecipazione quell’audizione. Tutti. Maggioranza e opposizione. Tutti.

Ultima cosa: si faccia capire alla Regione che noi facciamo sul serio. Maledettamente sul serio. Che siamo un rospo difficile da mandare giù.

Solo facendo tutte queste cose – e facendole bene – abbiamo una possibilità di scalare questa montagna che abbiamo davanti.

Ora io vi chiedo e mi chiedo: lo stiamo facendo?

Di convenzione con un principe del foro io non ne ho sentito parlare, di incontri con le categorie interessate non me ne giunge notizia. Forse qualche funzionario del Comune sta preparando il dossier… almeno spero. Ciononostante ho continuato a tacere, per i motivi che ho esposto all’inizio. Per rendere più forte “il mio comandante” anche se cominciavo ad essere impaziente.

Poi ho visto l’intervista a Cecilia Francese. Quella in cui parla del “tavolo tecnico” e mi sono cadute le braccia. Ho capito che qui qualcuno o non ha capito nulla o gioca a non capire. Oppure è mal consigliata.

Ho ascoltato depresso l’ennesima ricostruzione autoassolutoria (“noi non c’entriamo nulla, hanno fatto tutto nel 2012 e confermato nel 2015”… senza un minimo di mea culpa almeno per la “disattenzione” di agosto e settembre 2016) – come se l’importante non fosse evitare l’impianto ma poter dire “non è colpa mia”; ho ascoltato esterefatto le bugie dette per coprire l’assenza grave, irritante e offensiva della Regione (“C’erano tutti, mancava solo il sindaco di Eboli”) assenza che è un inaudito gesto di disprezzo verso l’intera comunità cittadina; ho ascoltato incredulo le sciocchezze su “Brescia che ha la percentuale di tumori sotto la media nazionale” (roba che i bresciani se lo sanno ci vengono a prendere, visto che Brescia è inserita, in uno studio clinico, tra le 15 emergenze nazionali per mortalità e morbilità) e che “ha un impianto di compostaggio al centro della città” (a Brescia al centro c’è un contestatissimo inceneritore e NESSUN impianto di compostaggio… il più vicino è in un paese a 16 chilometri) rinverdendo la tradizione di quei politici sparaballe che inventavano le più allucinanti corbellerie che gli venivano in mente al momento dell’intervista (“l’inceneritore al centro di… X” e ognuno metteva al posto di X la prima città che gli veniva in mente… possibilmente del nord europa e magari dal nome esotico: Amsterdam, Rotterdam, Helsinki).

Ma sopratutto ho sentito appellare tutti i partecipanti come “amici”: gli amici dell’ARPAC (che ringrazio, ringraziamo il dottor Tizio), gli amici dell’ASI (c’era il professor Caio), gli amici della Provincia (e ringrazio il carissimo dottor Sempronio) fino ad arrivare “agli amici dello STIR”… e all’invito alla collaborazione ecumenica, affettuosa e fattiva

Gli amici dello STIR?

Cecilia: io ne ho abbastanza. Davvero. Ne ho abbastanza di questo modo di fare. Non so chi ti consiglia ma, davvero: chi ti consiglia di fare come fai non ha capito un tubo (per non essere triviale).

Possibile che le sfuriate, gl’improperi, l’alzare la voce e sbraitare, lo sbattere il microfono e minacciare di andartene siano riservati solo ai cittadini che non si allineano e non a chi ci fa la guerra?

Bisogna che si capisca una cosa: questa è una guerra, Cecilia. Dobbiamo dimostrare di essere un osso duro e non accondiscendenti, sennò non ci pigliano sul serio. Bisogna dimostrare che siamo disposti anche a un durissimo scontro istituzionale. Hai fatto (a proposito, complimenti) un sopralluogo allo STIR e hai trovato le cose che non andavano?

Gli hai concesso una (più che ragionevole) settimana di tempo per mettersi in regola? ALLO SCADERE DELLA SETTIMANA SI TORNAVA NELLO STIR E SE NON ERANO IN REGOLA SI CHIUDEVA. Altro che “amici” e collaborativi: SIGNORI SI CHIUDE.

Un mio amico dice che tu sei “un sindaco rivoluzionario”. Bene: DIMOSTRALO. Perchè – diceva Mao – “la rivoluzione non è un pranzo di Gala, non è un premio letterario, non è un disegno o un ricamo”.

Se vuoi guidarci in questa battaglia devi capire che il tempo delle moine è finito. FI-NI-TO. Sono finiti i sorrisi e gli ossequi al “signor Governatore”, sono finite le foto a braccetto con De Luca e le pacche sulle spalle di Bonavitacola. Basta coi “baci, abbracci e sottobraccio” che ti fanno sentire tanto importante ma che in guerra sono un suicidio. Un suicidio.

Io, francamente, mi sono stancato. Sono pronto a seguire il mio sindaco se vuol vincere la battaglia. Ma non sono disponibile a farmi portare al massacro. Perché fino ad oggi stiamo lavorando per il nemico.

Ero pronto a schierarmi persino con De Gaulle, ma con il collaborazionista maresciallo Pétain no.

No.


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