Cronaca

Unisa, operaia incatenata da 4 giorni. «Andiamo avanti, difendiamo i nostri diritti» – FOTO e VIDEO

Il video appello

 


FISCIANO. Non si ferma la protesta delle operaie della ditta di pulizie all’università di Salerno. Stefania Bergamo, che martedì si è incatenata al Rettorato dell’Ateneo in segno di protesta, ha avuto l’appoggio di tutte le colleghe di lavoro, di docenti e ricercatori, di studenti e associazioni, addirittura di università estere. Anche dal mondo della politica qualcuno si fa sentire: una delegazione di Sinistra Italiana ha partecipato attivamente al presidio.


«Non siamo qui solo per il misero stipendio che percepiamo. Siamo qui per difendere i diritti violati e negati. Dall’inizio di luglio, con l’arrivo di una nuova ditta, c’è stato un bando di gara al ribasso del 40% che noi operai abbiamo “pagato”, con stipendi e ore lavorative ridotte. Dai circa 8 euro lordi siamo passati a 5, con ore di lavoro in meno. Non è stato rispettato l’articolo 4 del contratto di lavoro e l’articolo 174 Cisal.

Non è avvenuto il passaggio diretto ed immediato e di cantiere con il licenziamento e la nuova assunzione» dice la Bergamo. Sul volto dell’operaia è possibile scorgere tutta la stanchezza, la rabbia, ma anche l’orgoglio e la dignità che spingono Stefania a non mollare: «la protesta non si ferma, siamo allo stremo delle nostre forze ma andiamo avanti. Siamo qui per difendere i nostri diritti.

È stato proclamato lo stato di agitazione, aspettiamo che ci convochi il Prefetto ed in base al verbale – positivo o negativo – ci regoleremo di conseguenza». Intanto, la Fondazione Universitaria, responsabile dei servizi d’ateneo, ha diffuso un comunicato stampa firmato da Caterina Miraglia sottolineando che il ritardo dei pagamenti non è dovuto ad una negligenza della Gioma (la ditta che ha vinto la gara) ma a problemi bancari e che i gesti estremi creano un danno all’azienda.

«La Miraglia cerca di sviare l’argomento parlando solo degli stipendi. Non siamo qui prettamente per questo – conclude Stefania – siamo qui per i nostri diritti. Abbiamo proclamato lo stato d’agitazione per il mancato allineamento contrattuale. Che la Miraglia scriva così ci interessa poco».


Ma Stefania non è sola. Oltre all’appoggio delle colleghe e dei colleghi, anche i docenti universitari hanno sottoscritto una petizione indirizzata al rettore Aurelio Tommasetti. Gennaro Avallone fa sapere che «docenti, ricercatori e ricercatrici sono stati sin dall’inizio all’interno della mobilitazione perché ne hanno riconosciuto sia la denuncia di una palese condizione di ingiustizia da affrontare e sanare sia la rivendicazione della messa in discussione dei processi di precarizzazione.

L’evidenza di queste condizioni è stata riconosciuta da diversi colleghi e colleghe anche a livello internazionale. La mobilitazione ha assunto un rilievo non più locale e questo richiede un’ulteriore responsabilità da parte della governance del nostro ateneo». Tante università italiane, numerose spagnole, la Duke University, l’Universidad di Buenos Aires, quella di Parigi e quella di Amiens hanno manifestato piena ed incondizionato solidarietà alle lavoratrici.

E le operaie incassano anche il sostegno di Sinistra Italiana: «Stigmatizziamo l’assordante silenzio del Rettore, e gli ricordiamo che la responsabilità etica dell’ateneo è preponderante rispetto ai buoni rapporti con imprese e conti a posto. L’Università ha un peso simbolico e pratico, e non può essere schiava di logiche mercantili o clientelari nell’affidamento dei servizi essenziali come la pulizia. Pretendiamo dunque che prenda posizione al fianco di lavoratori e lavoratrici di Gioma, adempiendo al proprio dovere, ovvero che si adoperi per il ripristino di condizioni lavorative almeno dignitose».


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