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L’Occhio di Salerno incontra gli artisti della provincia – Intervista a Luca Calzolaro

L’Occhio di Salerno incontra gli artisti della provincia. Continua il progetto di sensibilizzazione alla cultura. Abbiamo conosciuto Luca Calzolaro, ballerino, coreografo e direttore artistico.

Chi è Luca Calzolaro?

Questa è la domanda più difficile (ride, ndr). Luca è un ragazzo che aveva voglia e che ha voglia di fare qualcosa di sensato nel mondo della danza. Non è nato come un lavoro e ancora oggi non lo considero tale. La danza è una passione. Che ha voglia di conoscere, girare, di ampliare la mente a nuove forme di arte. Di base questo è Luca Calzolaro. Mi piace la danza, sotto tutte le forme: dalla classica alla contemporanea.

Luca, come è nata questa tua passione per la danza?

La passione nasce per “sbaglio”. Ho iniziato relativamente tardi con un gruppo di ragazzi.  E sono partito dall’Hip Hop, facendo anche un po’ di Break dance. Ho cominciato per strada fin quando un’amica mi ha detto «vieni alla scuola di danza». Ed ecco che ho affrontato il trauma di passare dai vestiti larghi alla calzamaglia. Superata quella fase, mi sono subito appassionato. Ho capito che con la danza classica si poteva fare tutto.

Ripercorri brevemente la tua carriera.

La mia carriera inizia subito dopo il liceo quando mi trasferisco a Roma. Ero iscritto all’Università ma sembrava più una “scusa”. Trascorrevo più tempo in una scuola di danza che sui libri. Ho comunque portato a termini i tre anni allo Ied (Istituto Europeo di Design). Tre anni duri perché mi accorgevo che la danza mi appassionava più di ogni cosa. A Roma ho vinto una borsa di studio assegnatami dal maestro Tuccio Rigano. Da lì è iniziata la routine del ballerino: studio, audizione, prove. Tutto per crescere. All’età di 20 anni bisogna studiare in continuazione. In seguito sono iniziate le prime esperienze lavorative. Ho lavorato con Tuccio Rigano, facendo la compagnia nazionale del balletto; poi ad un certo punto ho deciso che la mia strada doveva essere la danza contemporanea. Ho provato anche alcune esperienze all’estero: ho iniziato con Notre Dame e ho fatto una lunga trafila, intervallata da altri lavori. Ho fatto anche televisione con Franco Miseria, uno dei geni – a mio avviso – della danza moderna teatrale. Con Notre Dame ho avuto grandi soddisfazioni. Quest’anno sono stato chiamato in Polonia ma non come ballerino, bensì come aiutante per la costruzione delle coreografie. Sempre con Notre Dame ho fatto il tour in Italia ma anche fuori dal continente: Corea, Giappone, Cina. Nel frattempo sperimentavo. Mi piaceva vivere anche delle piccole realtà, dove poi capisci cos’è il teatro. Ho avuto la fortuna di lavorare con Sabrina De Luca, Brunella Platania, Claudio Razzi. Un paio di anni fa ho avuto esperienze come coreografo e come regista. Un’esperienza totalmente diversa, sicuramente più stressante. Ma bella, davvero. Interessante e costruttiva. Adesso stiamo lavorando ad uno spettacolo che terremo a Battipaglia: Mani-ere; la direzione artistica sarà curata da me e Stefania Ciancio, mi occuperò anche della coreografia. Perché ho scelto le mani? Perché sono lo strumento principale della vita, raccontano chi siamo e quello che abbiamo vissuto. E poi c’è un significato forte: mani che non alzano muri ma li abbattono, che accolgono e non respingono, che costruiscono ponti fra diversi popoli e il tutto sarà narrato attraverso il movimento del corpo e, ovviamente, delle mani. Abbiamo anche fissato la data: sabato 1 aprile, alle ore 19 presso il teatro sociale “Aldo Giuffré”.

Qual è stato il momento topico della tua carriera e, se c’è stato, quale il più basso?

Non esistono momenti alti e bassi. Esistono momenti diversi. E momenti più difficili di altri, sicuramente. Magari pensi: ma chi me lo ha fatto fare. Le esperienze, anche negative, ti insegnano sempre qualcosa. Ovviamente non ti dirò mai quali sono state le esperienze negative (ride, ndr). Comunque, anche quando le cose sembrano andare male, bisogna capire che sono momenti di crescita. Non bisogna mollare. Non rinnego nulla, mi è servito tutto ad essere ciò che sono e a capire cosa volevo realmente fare.

Credi che al giorno d’oggi il mondo del teatro e della danza sia in declino?

Non è un buon momento. Notizia di qualche tempo fa, è stato chiuso il corpo di ballo dell’Arena di Verona. Sono rimasti in tre: Scala, San Carlo e Massimo. Da artista e da ballerino è una cosa triste. Il mondo della danza è in declino. Mi rendo conto della difficoltà nell’allestire uno spettacolo. Per allestire uno spettacolo di un certo livello c’è bisogno di fondi, di soldi. E non si capisce perché lo Stato non aiuti, non incentivi la crescita culturale. Mi dispiace dirlo, è anche vero che l’italiano non è abituato ad andare a teatro. È una cosa fondamentale se pensiamo che la cultura si mastica solo al Liceo o all’Università, ci sbagliamo. L’Italia è la patria del Teatro. È nato tutto qui, eppure spesso fai degli spettacoli, alzi lo sguardo e la platea è vuota.

Quindi hai notato qualche differenza tra l’Italia e qualche paese estero?

Assolutamente sì. Ho girato tanto e non ricordo una sola Nazione dove ho fatto uno spettacolo e la platea era vuota. In Italia è capitato. Eccetto per le grandi produzioni, perché la gente in quel caso va a vedere il nome e non lo spettacolo (capitolo tristissimo). All’estero c’è la cultura di andare a vedere il teatro di qualità. A me non interessa che ci sia Tizio o Caio, vado a vedere il prodotto di qualità. È questa la differenza sostanziale.

Pensi che nel mondo della danza ci sia un punto d’arrivo?

No. Sarebbe stupido pensare che ci sia. Sarebbe un limite pensare: sono arrivato, ho fatto quello che dovevo, adesso arrivederci. Ci devono essere sempre nuovi stimoli. Bisogna volere le cose. Avere gli occhi ovunque e confrontarsi. Non c’è nessun punto d’arrivo e me ne sono reso conto lavorando.

Grazie Luca.

Grazie a voi.

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