Cronaca

Batterio “killer” all’ospedale di Eboli: la nota della direzione sanitaria

L‘ospedale di Eboli fa chiarezza sul batterio che avrebbe contagiato più di una persona. Alla luce dei numerosi e recenti articoli di stampa denigratori nei confronti del Pronto Soccorso di Eboli, si rende necessario comunicare, come da report allegati, i risultati negativi per Acinetobacter baumannii e Clostridium difficile dei prelievi straordinari di monitoraggio microbiologico effettuati dall’Eurolab Srl in data 18 settembre 2020 presso la Rianimazione e in data 21 settembre 2020 presso l’UOC di Medicina Generale e i risultati negativi dei prelievi ordinari eseguiti nelle aree critiche relativi al mese di luglio 2020, oltre che rendere noto che attualmente, nei suddetti reparti, è stata ripristinata la regolare attività di ricovero e assistenza.

Batterio killer, la nota dell’ospedale di Eboli

Si fa presente che, in accordo con la Responsabile aziendale della Sicurezza dei pazienti e gestione Rischio Clinico, sono state adottate tempestivamente le precauzioni standard, e precauzioni da contatto e l’isolamento spaziale/cohorting dei pazienti di tali reparti ma, nonostante tali procedure, in Medicina sulle superfici del “letto paziente 1 stanza 5” è stata rilevata la presenza di Anaerobi solfito riduttori (Clostridium perfrigens) in quantità < 0,4 UFC/cm (v.n. 0,013-0,7).

Le precisazioni

Si precisa, infine, citando i dati della letteratura scientifica, che:

  • le infezioni da A. baumannii, patogeno opportunista, rappresentano circa l’80% delle infezioni da Acinetobacter e si verificano in pazienti ospedalizzati e/o con gravi patologie (Rianimazioni);
  • il Clostridium difficile, che vive come commensale nell’apparato intestinale, è causa frequente in ambiente ospedaliero (Geriatrie) di infezioni nei pazienti immunodepressi e/o defedati, sottoposti a terapie antibiotiche-chemioterapiche-immunosoppressive e con ripetuti ricoveri in strutture sanitarie.

Si conclude, pertanto, che le infezioni da Clostridium denunciate sono da interpretare come comunitarie per un caso e come nosocomiali negli altri 2 casi, che si sarebbero presumibilmente contagiati in ospedale (entro le 72 ore dal ricovero), ma la cui gestione nel setting assistenziale è stata realizzata secondo i protocolli previsti.

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