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Piazza della Libertà, il Comune si costituisce parte civile

SALERNO. «Costituzione di parte civile, in nome e per conto del sindaco pro tempore». Il Comune entra nel processo per il crollo a piazza della Libertà. In apertura della prima udienza dinanzi al giudice Marilena Albarano, l’avvocato Genserico Miniaci ha depositato l’atto con cui Palazzo di Città si costituisce in giudizio, primo passo per chiedere il risarcimento dei danni agli imputati che dovessero essere ritenuti responsabili. Un passo annunciato già nei mesi scorsi, e tanto più importante perché la posta in gioco è altissima: quasi 8 milioni di euro, la cifra che si stima necessaria per la messa in sicurezza e il rifacimento dell’opera.

Una somma che il Comune ha già stanziato in bilancio, ma di cui è pronto a chiedere il ristoro quando il processo avrà stabilito eventuali responsabilità. Sul banco degli imputati siedono in nove: il collaudatore Massimo Della Casa, gli imprenditori Armando ed Enrico Esposito della Esa costruzioni che stava realizzando i lavori, i professionisti Sergio Delle Femine (in quanto direttore operativo delle strutture) e Marta Santoro (direttore dei lavori dal febbraio 2012), il funzionario comunale Antonio Ragusa che ha sostituito nel ruolo di responsabile unico del procedimento l’ex capo dell’ufficio tecnico Lorenzo Criscuolo (anche lui sotto processo), il direttore tecnico della Esa, Gilberto Belcore, e il vecchio direttore dei lavori Paolo Baia.

Gli ultimi tre sono accusati anche di aver messo in pericolo la pubblica incolumità con le visite guidate, che assecondando i desideri del sindaco furono organizzate nel cantiere nel settembre del 2010 senza che fosse ancora stato eseguito il collaudo. Tutti (a eccezione di Della Casa, a cui è contestato solo il reato di rovina di edificio) rispondono inoltre di un avvio dei lavori che secondo la Procura fu disposto anzitempo, prima che gli atti progettuali fossero depositati al Genio civile, chiamato ad esprimersi sui cantieri in zona sismica. È invece uscito da un processo con il patteggiamento il progettista dell’opera, l’ingegnere Vincenzo Nunziata, che ha concordato con gli inquirenti una pena di due mesi per i rovina di edificio, uscendo così dal novero degli imputati a cui l’Amministrazione comunale potrà chiedere il risarcimento dei danni.

Altri tre imputati (Santoro, Baia e Delle Femine) hanno chiesto di poter chiudere la vicenda con un’oblazione, che estingue il reato ma prevede in questo caso sia il pagamento delle spese processuali che l’eliminazione delle conseguenze del reato. All’istanza dei difensori Gai, Maresca e Tedesco) si sono opposti i pubblici ministeri Guglielmo Valenti e Marinella Gugliemotti: «Non c’è mai stato – hanno detto – neanche un segnale di voler contribuire alla riparazione». Il giudice deciderà il 19 marzo, e anche se in molti si attendono un rigetto l’istanza costituirà comunque un presupposto per poter ricorrere fino in Cassazione e allungare così i tempi di definizione del processo. A marzo si scioglierà la riserva pure sulle questioni poste dai difensori Franco, Falci e Criscuolo, secondo cui gli esiti di accertamenti tecnici e incidente probatorio non sono utilizzabili nei confronti degli imputati Ragusa, Della Casa e Criscuolo, indagati solo in momenti successivi. Il cedimento risale al luglio del 2012 e interessò dodici pilastri, ma lesioni sono state riscontrate anche in altri settori.

(Fonte: lacittadisalerno)

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