Curiosità

Il Santo del giorno 27 dicembre: oggi si venera San Giovanni Apostolo

San Giovanni è stato un apostolo di Gesù. La tradizione cristiana lo identifica con l’autore del quarto vangelo e per questo gli viene attribuito anche l’epiteto di evangelista.

Secondo le narrazioni dei vangeli canonici era il figlio di Zebedeo e Salome e fratello dell’apostolo Giacomo il Maggiore. Prima di seguire Gesù era discepolo di Giovanni Battista. La tradizione gli attribuisce un ruolo speciale all’interno della cerchia dei dodici apostoli: compreso nel ristretto gruppo includente anche Pietro e Giacomo il Maggiore, lo identifica con «il discepolo che Gesù amava», partecipe dei principali eventi della vita e del ministero del maestro e unico degli apostoli presente alla sua morte in croce. Secondo antiche tradizioni cristiane Giovanni sarebbe morto in tarda età ad Efeso, ultimo sopravvissuto dei dodici apostoli.

A lui la tradizione cristiana ha attribuito cinque testi neotestamentari: il Vangelo secondo Giovanni, le tre Lettere di Giovanni e l’Apocalisse di Giovanni. Altra opera a lui attribuita è l’Apocrifo di Giovanni(non riconosciuto testo divinamente ispirato dalla Chiesa Cattolica e Ortodossa). Per la profondità speculativa dei suoi scritti è stato tradizionalmente indicato come “il teologo” per antonomasia, raffigurato artisticamente col simbolo dell’aquila, attribuitogli in quanto, con la sua visione descritta nell’Apocalisse, avrebbe contemplato la Vera Luce del Verbo, come descritto nel Prologo del quarto vangelo, così come l’aquila, si riteneva, può fissare direttamente la luce solare.

Storia

Al pari degli altri personaggi neotestamentari, la cronologia e la vita di Giovanni non ci sono note con precisione. I testi evangelici lo indicano come un fedele seguace del maestro, ma il periodo precedente e seguente alla sua partecipazione al ministero itinerante di Gesù (probabilmente 28-30, vedi data di morte di Gesù) è ipotetico e frammentario.

Origine e caratteristiche personali

Dipinto di Giovanni di Paolo del 1455-60 raffigurante Giovanni Battista che indica ai suoi discepoli (col giovane Giovanni in primo piano) Gesù, l’«Agnello di Dio».
I dettagli circa la vita di Giovanni prima dell’incontro con Gesù sono in gran parte ipotetici, desumibili da alcuni accenni sparsi nei vangeli. Il luogo e la data di nascita non sono noti. La tradizione successiva che lo indica come il più giovane degli apostoli, o meglio come l’unico di questi morto in tardissima età, può indicare una data di nascita alcuni anni successiva all’inizio dell’era cristiana (attorno al 10?). Il luogo di residenza, e probabilmente anche di nascita, era Betsaida, una località galilea sita sul Lago di Genesaret. Il padre era Zebedeo, la madre forse Salome e aveva almeno un fratello, Giacomo detto «il maggiore». Il fatto che nelle liste stereotipate degli apostoli nei sinottici (ma non negli Atti) Giovanni segua Giacomo, o che quest’ultimo venga spesso indicato come «figlio di Zebedeo», mentre Giovanni sia indicato come suo fratello, può lasciare concludere che Giacomo fosse un fratello maggiore.

La famiglia era dedita alla pesca. Il padre aveva dei garzoni e i suoi figli sono detti soci di Simon Pietro ed è possibile che la famiglia facesse parte di una sorta di cooperativa di pescatori. Questo potrebbe spiegare come mai l'”altro discepolo” presente al processo di Gesù, tradizionalmente identificato con Giovanni, fosse conosciuto “al sommo sacerdote” (Gv18,15), o meglio ai domestici del suo palazzo che lo fecero entrare: è verosimile che la sua famiglia gestisse un commercio ittico, e in quanto tale è possibile che godesse di tale conoscenza.

Circa l’accenno di Policrate di Efeso (II secolo) allo stato sacerdotale di Giovanni (e della sua famiglia), la storicità è controversa. Se autentico, il particolare spiegherebbe la conoscenza di Giovanni da parte del sommo sacerdote.

Sempre rimanendo nel campo delle ipotesi, si può supporre che la famiglia di Giovanni appartenesse al ceto medio, ed è possibile che la madre Salome facesse parte del seguito di agiate donne che provvedevano alle necessità economiche del gruppo itinerante (Lc8,2-3).

La tradizione ha poi identificato in Giovanni l’«altro discepolo» che, con Andrea, faceva parte del seguito di Giovanni Battista ma seguì poi Gesù (Gv1,35-40). Questa sua adesione al movimento battista, poi abbandonato a favore del nascente cristianesimo, spiega l’insistenza con cui nel suo vangelo sottolinea che Giovanni Battista non era la persona attesa dalla tradizione ebraica, ma era solo un precursore di Gesù (Gv1,8;1,15;1,20;1,29-34;5,33-36;10,41).

Chiamata

Altare del monastero di Heilsbronn, raffigurazione della pesca miracolosa con gli apostoli Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni (1510-1518).
La vocazione di Giovanni da parte di Gesù è esplicitamente narrata dai tre vangeli sinottici. Matteo (4,21-22) e Marco (1,19-20) ne forniscono un sobrio resoconto: i due fratelli Giovanni e Giacomo vengono chiamati da Gesù “presso il Mare di Galilea” mentre sono sulla barca col padre Zebedeo, intenti a riparare le reti da pesca. Questa chiamata viene narrata subito dopo quella di Andrea e Pietro, avvenuta in simile contesto lavorativo.

Luca invece inserisce la chiamata all’interno del miracolo della cosiddetta pesca miracolosa (taciuta da Mt e Mc, riportata da Gv21,1-13 dopo la risurrezione di Gesù), e tace la presenza di Andrea.

Il Vangelo di Giovanni invece, assumendo la tradizionale identificazione dell'”altro discepolo” con lo stesso evangelista, ambienta la chiamata (Gv1,35-40) a Betania, presso il fiume Giordano (Gv1,28). Qui Giovanni e Andrea, discepoli di Giovanni Battista, furono da lui invitati a seguire Gesù con la frase “Ecco l’Agnello di Dio”. Particolarmente vivo appare il dettaglio per cui l’apostolo, futuro evangelista narratore, ricorda con precisione il momento della sua vocazione: “l’ora decima”, cioè le quattro del pomeriggio.

Una possibile armonizzazione delle narrazioni evangeliche ipotizza una prima chiamata di Giovanni e degli altri futuri apostoli presso Betania, quindi il loro ritorno in Galilea, quindi la definitiva chiamata presso il Mare di Galilea. L’esegesi contemporanea, meno interessata a compiere armonizzazioni cronologiche-cronachistiche (intento propriamente assente nei vangeli) e più attenta ai dati positivi contenuti nelle narrazioni evangeliche, si limita a riconoscere per Giovanni un passato di pescatore e un possibile discepolato verso il Battista prima della sequela di Gesù.

Apostolo di Gesù

Giovanni e Maria presenti alla crocifissione di Gesù (Perugino, circa 1482).
Dopo la sua vocazione, durante gli anni del ministero itinerante di Gesù (probabilmente 28-30), Giovanni sembra rivestire un ruolo importante all’interno della cerchia dei dodici apostoli, secondo solo a Pietro e seguito da suo fratello Giacomo. I tre sono presenti durante alcuni dei principali eventi della vita del maestro, quando sono preferiti in maniera esclusiva agli altri apostoli:

la risurrezione della figlia di Giairo;
la trasfigurazione di Gesù;
la preghiera nel Getsemani, dopo l’ultima cena e prima dell’arresto di Gesù.
Con Pietro riceve l’incarico di preparare l’ultima cena (Lc22,8).

Il solo Luca (9,51-56) riporta un episodio che sottolinea il carattere focoso dei fratelli Giacomo e Giovanni. Un villaggio samaritano (ebrei considerati scismatici) aveva rifiutato ospitalità a Gesù e i figli di Zebedeo propongono la sua distruzione tramite un “fuoco discendente dal cielo” (vedi l’omologo episodio di Elia in 2Re1,2-15), attirandosi il rimprovero del maestro.

Sia Matteo (20,20-23, che introduce l’intermediazione della madre Salome, una probabile finanziatrice del gruppo, v. sopra) che Marco (10,35-40) riportano un episodio che indica il carattere ambizioso dei due fratelli. Questi avevano probabilmente una visione terrena del Regno predicato da Gesù e si aspettavano, in quanto particolarmente favoriti tra i suoi seguaci, un ruolo privilegiato in esso. Alla richiesta Gesù risponde evasivamente con l’assicurazione che “berranno il suo calice”, cioè che gli saranno associati nella sofferenza e nel martirio. Giacomo verrà effettivamente martirizzato attorno al 44 (At12,1-2).

Nel quarto vangelo, come sopra indicato, Giovanni viene tradizionalmente identificato col “discepolo che Gesù amava”. Durante l’ultima cena riveste un ruolo particolare a fianco del maestro (Gv13,23-25), interrogandolo sull’identità del traditore. È testimone privilegiato del processo di Gesù (Gv18,15). Nonostante fosse scappato con gli altri apostoli durante l’arresto nel Getsemani, è l’unico dei discepoli presenti durante la crocifissione di Gesù, il quale gli affida sua madre Maria (Gv19,26-27).[24] Dopo la risurrezione di Gesù corre con Pietro al sepolcro (Gv20,3-8). Durante l’apparizione in Galilea è il primo a riconoscere il maestro risorto (Gv21,7).

Compagno di Pietro

La miracolosa liberazione di Pietro e Giovanni dal carcere del sinedrio (Filippino Lippi, 1481-1482).
Negli Atti degli apostoli, che descrivono le vicende della Chiesa apostolica in un periodo compreso all’incirca tra il 30 e il 60, Giovanni gioca ancora un ruolo di primo piano, specialmente nella prima sezione (la seconda è focalizzata sull’operato di Paolo). In At1,13 Giovanni è nominato dopo Pietro al secondo posto nella lista degli apostoli, davanti al fratello Giacomo che nelle liste contenute nei Vangeli lo precedeva.

In At3,1-11 (inizio anni trenta?) viene descritto un miracolo, la guarigione di un uomo storpio dalla nascita, compiuto da Pietro e Giovanni presso la porta “bella” del tempio di Gerusalemme. La grande risonanza dell’evento portò all’arresto dei due apostoli, che furono fatti comparire davanti al Sinedrio. Il consiglio però non li punì e li lasciò liberi (At4,1-21).

In At5,17-42 (metà anni trenta?) viene descritta l’incarcerazione da parte del sommo sacerdote degli “apostoli” (senza farne i nomi con l’eccezione di Pietro). Tradizionalmente Giovanni viene inserito nell’episodio, inclusione non sicura ma resa verosimile dal suddetto episodio analogo. Secondo il testo biblico l’incarcerazione si concluse nella notte stessa con una miracolosa liberazione. Seguì l’indomani un nuovo arresto e un secondo processo, con l’inatteso intervento in loro favore da parte del rabbino Gamaliele. Il Sinedrio li fece fustigare e poi li liberò.

Durante la prima persecuzione contro i seguaci del Nazareno (attorno al 35-37?), che vide la morte di Stefano e l’attivo operato di Saulo, gli apostoli (e Giovanni) sembrano non essere coinvolti (At8,1).

L’ultimo accenno esplicito di Atti a Giovanni è in At8,14-25, quando l’apostolo viene inviato assieme a Pietro in Samaria dove avvenne l’incontro con Simon Mago. Questa missione evangelizzatrice non sembra comunque aver troncato i legami con la chiesa madre di Gerusalemme.

In occasione degli eventi del Concilio di Gerusalemme (circa 49-50, At15,1-35), che lasciò liberi i pagani convertiti di non osservare i precetti della Torah, il ruolo svolto da Giovanni viene taciuto dagli Atti, che mettono in primo piano Pietro e Giacomo (non il “Maggiore” fratello di Giovanni, ucciso attorno al 44, ma il “fratello” di Gesù). Tuttavia nel resoconto paolino di Gal2,1-9 Giovanni viene collocato sullo stesso piano degli altri due discepoli: entrambi sono chiamati “colonne”.

Morte

Giovanni rappresenta un caso particolare tra i dodici apostoli poiché la tradizione lo indica come l’unico morto per cause naturali e non per martirio, tanto che i paramenti liturgici per la sua festa sono bianchi e non rossi. Oltre agli Atti di Giovanni, alcune indicazioni patristiche sono concordi nel datare la morte a Efeso sotto l’impero di Traiano (98-117) e Girolamo specifica la data con precisione al 68º anno dopo la passione del Signore, cioè nel 98-99. Esiste comunque una secolare tradizione, riportata anche nella Legenda Aurea, secondo cui Giovanni fu martirizzato a Roma, presso porta Latina, durante la persecuzione di Domiziano; constatato che l’olio bollente non riusciva a bruciare il corpo dell’apostolo, Domiziano lo accecò e lo rimandò ad Efeso, dove poi morì.

Come racconta il quarto vangelo (Gv21,20-23), c’era tra le comunità cristiane la curiosa leggenda per cui Giovanni, l’apostolo prediletto, non sarebbe morto prima della parusia di Gesù. La leggenda traeva ispirazione dalla longevità dell’apostolo: un’età di 90-100 anni rappresentava per l’epoca un elevato traguardo. Assumendo inoltre l’autenticità giovannea dell’Apocalisse, testo che rivela la fine del mondo e il ritorno del Signore, poteva essere logico ipotizzare che all’apostolo sarebbe stato concesso di vivere quello che aveva visto estaticamente. Alla morte di Giovanni alcuni suoi discepoli hanno inserito in appendice il racconto per chiarire che la leggenda non aveva fondamento nella predicazione di Gesù.

L’apocrifo Atti di Giovanni descrive una sua lunga preghiera d’addio e varie versioni (considerate tutte leggende tardive) divergono circa la sua fine:

  • muore dicendo «La pace sia con voi, fratelli»
  • viene avvolto da una luce abbagliante e muore, e dalla sua tomba ne esce della manna;
  • il mattino seguente alla sepoltura i discepoli non ne trovano più il corpo (o ne trovano solo i sandali), lasciando ipotizzare un’assunzione al cielo. Questo particolare, sebbene abbia goduto di una certa fortuna artistica, non è stato accolto dalla tradizione teologica cristiana che riconosce l'”assunzione” solo a Elia e a Maria (per il caso di Gesù si parla propriamente di “ascensione”).

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